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Codice Penale


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CODICE PENALE
15 Settembre 1865
PARTE I.
Della legge punitiva, del reato e della pena in genrale
LIBRO I.
DELLA LEGGE PUNITIVA IN GENERALE
TITOLO I.
Delle azioni colpite dalla legge punitiva.
1.- La legge punitiva non ha effetto retroattivo e colpisce solo le azioni posteriori alla sua
promulgazione, quante volte caratterizza per reato un'azione, che tale precedentemente non era, o
commina ad un reato una pena piu' severa di quella comminata da una legge precedente.
2.- Ha effetto retroattivo la nuova disposizione legislativa, che cancella un'azione dal novero dei
reati, e ne abolisce, in via di regola generale, la pena; come pure ha effetto retroattivo la nuova
legge punitiva, che commina ad un reato una pena piu' mite di quella comminata da una legge
precedente.
Di maniera che, se a contare dall'epoca dell'azione criminosa fino all'epoca del giudizio, esistono
due o piu' di due disposizioni legislative diverse fra loro, si applica sempre la disposizione piu' mite.
TITOLO II.
Delle persone soggette alle prescrizioni della legge punitiva.
3.- E' soggetto alle prescrizioni del presente Codice:
1°) chiunque, sia sammarinese, sia forastiero, commetta reato nel territorio della Repubblica;
2°) chiunque, sia sammarinese, sia forastiero, commetta fuori del territorio della Repubblica
misfatto contro la sicurezza dello Stato, o si renda colpevole di misfatto per contraffazione del
suggello della Reggenza, o per contraffazione d'impronta di una qualunque pubblica Autorità, o di
un qualunque pubblico ufficio dello Stato, o degli strumenti che sono destinati ad eseguire tali
impronte, o si renda colpevole di misfatto per falsità di un atto di qualsivoglia pubblica autorità o di
qualunque pubblico ufficio dello Stato, o del delitto di falsa moneta;
3°) chiunque, sia sammarinese, sia forastiero, commetta fuori del territorio della Repubblica
misfatto o delitto a danno di un sammarinese.
4.- Resta sospeso il giudizio contro il forastiero p evenuto di uno dei reati contemplati nei N. 2 e 3
dell'articolo precedente, finchè egli non entri nel territorio della Repubblica, o non venga
consegnato da un Governo estero.
Cessa questa sospensione:
1°) quante volte la reggenza decreti che si pronunci il giudizio, nonostante l'assenza del prevenuto
dal territorio della Repubblica;
2°) quante volte i Giudici della Repubblica pronuncino giudizio contro l'autore, o uno dei correi, o
un complice del medesimo reato, di cui è imputato il f rastiero assente dal territorio della
Repubblica.
5.- Pei misfatti contemplati nel N.2 dell'articolo dianzi citato cessa l'azione penale, qualora
concorrano comulativamente le tre seguenti condizioni:
1°) che il sammarinese, o il forastiero sia stato condannato fuori della Repubblica;
2°) che abbia espiata la pena;
3°) che la pena espiata, anche quando non fosse che una parte della pena inflittagli colla condanna,
si trovi uguale a quella comminata dal presente Codice.
Se la pena, o la parte di pena espiata, si trovi minore di quella comminata dal presente codice, è
sottoposto a giudizio nella Repubblica in conformità delle prescrizioni di questo Codice, ed in caso
di condanna si computa la quantità di pena espiata fuori.
6.- Pel misfatto o delitto contemplato nel N. 3 dell'articolo dianzi citato cessa l'azione penale
qualora concorra una delle tre seguenti condizioni:
1°) che il sammarinese, o il forastiero sia stato giudicato ed assoluto fuori della Repubblica;
2°) che condannato fuori della Repubblica abbia espiato interamente la pena inflittagli colla
condanna ancorchè inferiore a quella comminata dal presente Codice;
3°) che condannato fuori della Repubblica abbia espiata una parte della pena inflittagli colla
condanna, qualora siffatta parte di pena comminata d l presente Codice.
Se non abbia espiata affatto la pena, o se ne abbiaesp ta soltanto una parte non equivalente alla
totalità della pena comminata dal presente Codice, è sottoposto a giudizio nella Repubblica in
conformità delle prescrizioni di questo Codice, ed in caso di condanna si computa la pena espiata
fuori.
7.- Le disposizioni dei due articoli precedenti s'intendono stabilite senza pregiudizio di quanto fosse
altrimenti determinato colle convenzioni internazionali stipulate nei pubblici Trattati tra la
Repubblica e gli altri Stati.
8.- Allorchè, fuori dei casi contemplati nei N.2 e 3 dell'Art.3, un sammarinese od un forastiero
commetta reato fuori del territorio della Repubblica, ed entri nel territorio della medesima, i
provvedimenti da adottarsi dipendono interamente dall convenzioni internazionali fondate sul
principio della reciprocanza e stipulate nei pubblici Trattati tra la Repubblica e gli altri Stati.
TITOLO III.
Dei limiti segnati ai giudici chiamati ad applicare la legge punitiva.
9.- I giudici nelle materie penali debbono limitarsi alla stretta applicazione del testo della legge.
E' vietato loro di pronunciare in via di disposizione generale o di regolamento nello esercizio del
loro ministero.
Le loro sentenze non hanno mai forza obbligatoria nella risoluzione dei casi simili.
10.- Nelle materie penali non può il giudice, in caso di silenzio, applicare la legge dal caso espresso
al caso non espresso, ed in caso di dubbio o di oscurità della Legge, deve attenersi al senso meno
rigoroso.
11.- Al solo Consiglio Sovrano spetta la interpretazione della legge dubbia ed oscura, in modo per
tutti obbligatorio.
12.- La legge interpretativa del Consiglio Sovrano non ha però effetto retroattivo, e colpisce solo le
azioni posteriori alla sua promulgazione, quante volte attribuisca un senso rigoroso alla interpretata
legge dubbia ed oscura.
LIBRO II.
DEL REATO IN GENERALE
TITOLO I.
Della definizione del reato e delle sue specie.
13.- Ogni violazione della legge punitiva si denomina reato.
14.- Il reato si distingue in misfatto, delitto e contravvenzione:
Misfatto dicesi quel reato che viene riguardato dalla legge come danno sociale di per sè stesso, e
che si manifesta sotto figura di doloso;
Delitto dicesi quel reato che viene riguardato dalla legge come danno sociale di per sè e che si
manifesta sotto figura di colposo;
Contravvenzione dicesi quel reato che, mentre non è riguardato dalla legge come danno sociale di
per sè stesso, è considerato dalla medesima come pericoloso, perchè si traduce in violazione di
quelle misure che mirano piu' da vicino alla prevenzio e del danno sociale: come pure quel reato,
che si traduce in violazione di quei provvedimenti, che si considerano dalla legge come diretti alla
promozione del benessere sociale ed alla pubblica utilità.
15.- Il misfatto si distingue inoltre in misfatto di prima, di seconda, di terza, di quarta, di quinta, di
sesta, di settima od estrema categoria a seconda della categoria di pene, cui va soggetto, giusta la
petizione stabilita in appresso da questo Codice.
TITOLO II.
Dell'elemento morale del reato.
16.- Per la esistenza del reato richiedesi il simultaneo concorso della cognizione dell'azione , della
volontà nello agente, e della libertà nel volere dell'agente.
17.- Quindi per difetto di cognizione dell'azione, on esiste imputabilità:
1°) qualora l'agente non abbia sorpassato la età di anni dieci compiuti ;
2°) qualora l'agente si trovi in istato di assoluta alienazione mentale, o predominato da qualsivoglia
causa atta ad impedire onninamente l'esercizio delle funzioni della potenza intellettiva;
3°) qualora l'agente versi nell'ignoranza di fatto.
18.- In quanto all'età maggiore di dieci anni compiuti, si osservano le seguenti disposizioni:
1°) quando l'agente sia maggiore di anni dieci compiuti e minore di anni quattordici compiuti, ed
abbia agito senza discernimento, non è soggetto a veruna pena. Il giudice nondimeno può obbligare
i parenti, i tutori, o le persone che prendono cura di lui, ad esercitare una stretta e severa vigilanza
sulla di lui condotta.- E nel caso che abbia agito con discernimento, è punito colla prigionia da un
giorno ad un anno;
2°) quando l'agente sia maggiore di anni quattordici compiuti, e minore di anni diciotto compiuti, è
punito colla diminuzione di due o tre gradi della pena stabilita;
3°) quando l'agente sia maggiore di anni diciotto compiuti e minore di anni ventuno compiuti, la
pena da lui incorsa viene diminuita di un grado;
4°) quando l'agente sia maggiore di anni ventuno compiuti va soggetti alla pena intiera.
19.- Se la pena spettante ai minori contemplati nei N. 1 e 2 dell'articolo precedente è quella dei
lavori pubblici, si converte in pena di prigionia espiabile in una casa di correzione propria dei
minori, presso uno Stato estero.
20.- Intorno al modo speciale di espiazione della pena dei lavori pubblici, che viene inflitta ai
minori nell'ultimo stadio della loro età senza commutazione, non chè a coloro che all'epoca della
condanna contino sessantacinque anni, o tocchino quest'età durante la espiazione della pena,
provvederà il regolamento delle case di pena.
21.- Quante volte l'alienazione mentale non è assoluta, ma importa solo una debilitazione delle
facoltà mentali, e quante volte si agisce sotto il predominio di qualsivoglia causa, che senza
impedire onninamente l'esercizio delle funzioni della potenza intellettiva, ne attenua solo il vigore,
si diminuisce la pena, in modo però che la diminuzione non ecceda mai la metà della pena stabilita.
22.- In quanto all'ignoranza di fatto, si osservano le seguenti prescrizioni:
1°) se l'agente concepisce un'azione sotto figura di eato, mentre in realtà quest'azione non è reato,
non v'ha imputabilità;
2°) se l'agente concepisce un'azione sotto figura di eato maggiore, mentre in realtà quest'azione è
reato minore, l'imponibilità è secondo l'azione avvenuta, non secondo l'azione concepita;
3°) se l'ignoranza versa intorno ad una circostanza ccidentale, l'imputabilità non si altera.
23.- Per difetto di volontà nello agente, non esist imputabilità, quantunque volte l'azione non è il
risultato della determinazione dello spirito; come nelle azioni perpetrate per effetto di una forza
fisica irresistibile.
24.- Per difetto di libertà nel volere dello agente, on esiste imputabilità, quantunque volte la
volontà dell'agente sia stata coatta da una forza mor le irresistibile, come nella legittima e
necessaria difesa della vita propria o di altrui, ed in tutti gli altri casi, ne' quali viene tolta la libera
elezione.
25.- Quando si decida che la volontà dell'agente concorse bensì, ma non piena, o che la libertà nel
volere dell'agente concorse bensì, ma non piena, la pen si diminuisce, in modo però che la
diminuzione non ecceda mai la metà della pena stabilita.
Il tutto, salvi i casi in cui la legge disponga diversamente, con ispeciali prescrizioni.
TITOLO III.
Dell'elemento materiale del reato in rapporto alle zioni non consumate.
26.- L'azione non consumata è imputabile, se non qua do si traduca in conato di misfatto a' termini
degli articoli seguenti del presente titolo, o venga colpita con altra speciale sanzione legislativa.
27.- Il conato di misfatto si distingue in misfatto mancato, e misfatto tentato giusta quanto si
prescrive nei susseguenti articoli.
28.- Esiste il misfatto mancato, quante volte l'agente, colla determinazione di consumare un dato
misfatto, lo intraprenda con mezzi idonei, e pervenga a tali atti di esecuzione che nulla rimanga dal
canto suo di quanto è necessario all'effettuazione; ma questa non si conseguisca per una qualsiasi
eventualità, estranea alla determinazione dell'agente.
29.- Esiste il misfatto tentato quante volte l'agente, colla determinazione di consumare un dato
misfatto, lo intraprenda con mezzi idonei pervenga ad atti di esecuzione insufficienti alla completa
effettuazione, e ciò per qualsiasi eventualità, estranea alla volontà dell'agente.
30.- Laddove l'effettuazione non siasi conseguita in virtu' della resipiscenza dell'agente, non si fa
luogo ad imputabilità.
Qualora però gli atti di esecuzione intrapresi dall'agente costituiscano per sè stessi un reato speciale
consumato, l'agente incorre nella pena propria del reato stesso.
31.- Il misfatto mancato è punito colla pena propria del misfatto stesso diminuita di un grado.
32.- Il misfatto tentato è punito colla pena ordinaria diminuita di due o tre gradi giusta la maggiore
o minore prossimità degli atti alla consumazione del misfatto.
33.- Ognorachè l'azione sia nel medesimo tempo un conato di misfatto, in rapporto al misfatto
intrapreso e non effettuato, ed un reato speciale consumato considerato in sè stesso, si applica
all'agente una sola pena, e propriamente quella che si trova piu' grave nel confronto tra l'azione
considerata come conato di misfatto, e l'azione stessa considerata come reato speciale consumato.
34.- Qualora gli atti intrapresi da un agente non so univocamente riferibili a un dato misfatto, essi
rimangono impunibili, salvo il caso che costituiscano per sè stessi un reato.
TITOLO IV.
Delle circostanze aggravanti ed attenuanti il reato.
Cap.I.
Delle circostanze aggravanti.
35.- Indipendentemente dalle speciali circostanze aggravanti contemplate nei reati in particolare, ed
indipendentemente dalla reiterazione e dalla recidiva stintamente prevedute nel Cap. IV, del
presente titolo, la legge ritiene come circostanza aggravante il reato in generale:
1°) l'abuso di autorità e di officio;
2°) l'abuso della qualità di tutore, o di curatore, o di amministratore, o d'invigilatore, o di custode;
3°) l'abuso della qualità di professore, o di maestro, o di educatore, o di pedagogo;
4°) l'abuso della qualità di famigliare o domestico;
5°) la sindacabile ed immorale condotta antecedente;
6°) lo avere sedotto altri e partecipare al reato;
7°) la bruttezza e la turpitudine della causa a commettere il reato;
8°) l'impiego di mezzi piu' insidiosi o piu' esiziali;
9°) l'inganno raffinato o la sottile astuzia, contr la quale torni malagevole il premunirsi;
10°) la continuazione piu' lungamente protratta in caso di reato continuato;
11°) l'essersi commesso il reato sopra vecchi vacillanti, o deboli fanciulli, o donne imbelli, o
alienati di mente, o persone fuori dell'uso dei sensi per qualsiasi transitoria cagione, o sopra persone
inette ad aiutarsi od a garantirsi;
12°) gli atti di studiata tortura, o di sevizie, o di brutale efferatezza;
13°) le piu' luttuose risultanze del reato ed il piu' esteso numero di persone, sopra le quali si
espandono;
14°) il maggiore scandalo indotto dalla qualità del luogo, ove si commette il reato, o dal tempo, o
dalla qualità del luogo e dal tempo congiunti insieme;
15°) le precauzioni, o le male arti messe in opera r intralciare o di spendere la prova del reato in
genere, o la prova della specie.

Cap.II. Delle circostanze attenuanti.
36.- Indipendentemente dalle speciali circostanze attenuanti contemplate dal presente Codice nei
reati in particolare, la legge ritiene come circostanze attenuanti il reato in generale:
1°) l'idiotismo ed anche la soverchia rusticità del linquente, che si approssimi all'idiotismo;
2°) l'essere stato sedotto a partecipare al reato o dall'altrui scaltrezza o da timore riverenziale;
3°) l'essersi lasciato imporre dall'altrui autorità o distinta posizione sociale;
4°) l'essersi nell'atto della perpetrazione del reato, stenuto dal cagionare maggiore detrimento,
quantunque gliene si presentasse l'opportunità;
5°) lo avere cercato, nell'atto della perpetrazione del reato, d'impedire le ulteriori conseguenze
dannose;
6°) l'essersi in tutto od in parte risarcito il danno, sia dallo stesso reo, sia dai sudi congiunti;
7°) l'essersi spontaneamente presentato alla giustizia, mentre poteva tenersi nascosto, o evadere dal
territorio dello Stato;
8°) lo avere ingenuamente e circostanzialmente confessato il reato alla giustizia.
Cap.III.
Del calcolo delle circostanze aggravanti ed attenuanti.
37.- Le circostanze aggravanti, e le attenuanti contemplate nei due precedenti capitoli non sono da
mettersi a calcolo, quante volte trovansi prese in ispeciale considerazione dalla legge nei reati in
particolare.
38.- Inoltre non sono da mettersi a calcolo, se non che nel caso di applicazione di pene aventi
latitudine, salvi i riguardi statuiti in appresso per la confessione giudiziale.
39.- Se non concorrono circostanze nè attenuanti nè gravanti, o se vi ha equipollenza fra le une e le
altre, la pena deve essere applicata nel suo medio.
40.- Se vi ha concorso di circostanze solamente aggravanti, o se queste preponderano sulle
concorrenti circostanze attenuanti, si accresce il medio della pena, e nel primo caso si può anche
salire al massimo di essa.
41.- Se vi ha concorso di sole circostanze attenuanti o se queste propenderanno sulle concorrenti
circostanze aggravanti, la pena si applica sotto il medio, e può anche discendersi sino al minimo.
42.- In quanto alla spontanea confessione giudiziale, se questa viene emessa prima che siansi
raccolte prove stringenti contro il confesso, e specialmente se questo siano di difficile
conseguimento, la pena viene diminuita di un grado.
E se un reo nello scopo di esonerare un innocente di già condannato, si presenti alla giustizia e
confessi sè essere l'autore del reato, pel quale altri venne indebitamente colpito, qualora questa
confessione si riconosca sincera e fondata, la penavi e diminuita di due o tre gradi, eccetto il caso
che l'innocente abbia già subita tutta o quasi tutta la pena.
43.- In ogni caso, in cui la sentenza si allontani dal medio della pena sia in aumento, sia in
decremento, dovranno indicarsi nel giudizio i motivi del detto aumento o decremento.
Cap. IV.
Della reiterazione e della recidiva.
Sez. I.
Della reiterazione.
44.- Dicesi reiteratore il colpevole di piu' reati separati e distinti della stessa o diversa specie, per
niuno dei quali sia stato ancora irrevocabilmente condannato.
45.- Quindi non è reiteratore:
1°) il colpevole di una sola azione, benchè con essa si violassero ad un tempo piu' disposizioni della
legge punitiva;
2°) il colpevole di una sola azione, benchè da essaderivassero molteplici avvenimenti contrarê alla
legge punitiva.
46.- Quindi non costituisce reiterazione:
1°) il concorso di piu' azioni, che prese in complesso costituiscono un reato, che isolatamente
riguardate non lo costituiscono;
2°) il concorso di piu' azioni, che quantunque isolatamente prese costituiscono altrettanti reati, pure
riguardate in complesso costituiscono un sol reato;
3°) il concorso di piu' reati commessi in un medesimo contesto di azione, e dipendente da una sola
risoluzione criminosa.
47.- Nel concorso di piu' pene di lavori pubblici di sesta categoria, si applica la piu' grave aumentata
di un grado.
48.- Nel concorso di piu' pene di prigionia a vita si pplica la pena dei lavori pubblici a vita.
49.- Nel concorso di una o piu' pene de' lavori pubblici di sesta categoria e di una o piu' pene di
prigionia a vita, si applica soltanto quest'ultima, come assorbente le altre.
50.- Nel concorso della pena di lavori pubblici di sesta categoria con una o piu' pene di quinta
categoria, si applica la prima aumentata di un grado.
51.- Nel concorso della pena di prigionia a vita con una o piu' pene di lavori pubblici di quinta, o
quarta categoria, si applica la pena di prigionia a vita, ma colla clausola che il colpevole prima di
passare al luogo di espiazione di siffatta pena soggiaccia ai lavori pubblici pel tempo portato dalla
corrispondente condanna.
52.- Nel concorso di piu' pene di lavori pubblici di quinta categoria, si applica una sola coll'aumento
di un grado.
53.- Nel concorso di piu' pene di prigionia di quinta categoria, si applica una sola coll'aumento di un
grado.
54.- Nel concorso di una o piu' pene di lavori pubblici di quinta categoria, o di una o piu' pene di
prigionia di quinta categoria, si applicala piu' grave aumentata di un grado.
55.- Nel concorso della pena dei lavori pubblici di qu nta categoria con una o piu' pene di quarta
categoria, si applica la pena aumentata di un grado.
56.- Nel concorso della pena di prigionia di quinta categoria con una o piu' pene di lavori pubblici
della quarta categoria, si applica la prima aumentata di un grado.
57.- Nel concorso della pena di prigionia di quinta categoria con una o piu' pene di prigionia di
quarta categoria, si applica la prima aumentata di un grado.
58.- Nel concorso di piu' pene di lavori pubblici di quarta categoria, si applica una sola aumentata di
un grado.
59.- Nel concorso di piu' pene di prigionia di quarta categoria, si applica una sola aumentata di un
grado.
60.- Nel concorso di una o piu' pene de' lavori pubblici di quarta categoria e di una o piu' pene di
prigionia della stessa categoria, si applica soltanto la prima aumentata di un grado.
61.- Nel concorso di una pena di quarta categoria cn una o piu' pene di prigionia di terza categoria,
si applica la prima coll'aumento di un grado.
62.- Nel concorso di piu' pene di terza categoria, si pplica la piu' grave aumentata di un grado.
63.- Nel concorso della pena di terza categoria con una o piu' pene di prigionia di seconda o prima
categoria, si applica soltanto la prima.
64.-Nel concorso di piu' pene di seconda categoria, si pplica soltanto la piu' grave.
65.- Lo stesso ha luogo nel concorso della pena di seconda categoria con una o piu' pene di prima
categoria.
66.- Nel concorso di piu' pene di prima categoria, le afflittive vengono tutte applicate, purchè non si
ecceda la durata di un anno, le altre ricevono la lro applicazione senza restrizione.
67.- Il concorso di piu' pene in combinazione diverse da quelle prevedute nei precedenti articoli, si
riguarda come circostanza aggravante per gli effetti contemplati a suo luogo dalla legge.
68.- Se dopo la condanna viene a scoprirsi a carico del condannato un nuovo reato, viene sempre
pronunciato un nuovo giudizio su questo, e qualora si pronunci una nuova pena, ha luogo fra questa
e la precedente la compenetrazione giusta le norme stabilite nei precedenti articoli.
Sez.II
Della recidiva.
69.- E' recidivo chiunque, dopo aver espiata la pena, a cui fu condannata da un tribunale dello Stato
per un misfatto, ne commette un altro della medesima specie.
70.- Quindi non vi ha recidiva:
1°) qualora la precedente condanna sia stata pronunciata da un Tribunale estero;
2°) qualora il condannato per nuove circostanze emerse dopo la sua condanna passata in giudicato,
sia stato proclamato innocente di quel fatto che fu base alla prima condanna;
3°) qualora fra il primo ed il secondo delitto sia tr scorso il tempo necessario a prescrivere il primo.
71.- La grazia impartita dal Consiglio Sovrano per d litto precedente non toglie gli effetti della
recidiva.
72.- La prima recidiva si considera come circostanza aggravante il reato.
73.- Le ulteriori recidive sottopongono il delinquent ad uno o piu' gradi di aumento della pena
statuita.
74.- Se il condannato ai lavori pubblici a vita commetta altri reati, è punito colla stretta custodia da
sei mesi a due anni.
75.- Se il condannato alla prigionia a vita commetta un altro reato colpito di pena dei lavori pubblici
a vita, soggiace alla pena dei lavori pubblici a vit .
76.- Se il condannato alla prigionia a vita commetta un altro reato colpito da pena di sesta o quinta
categoria, soggiace alla pena dei lavori pubblici a vit .
77.- Se il condannato alla prigionia a vita commetta un altro reato colpito di pena dei lavori
pubblicidi quarta categoria, soggiace alla pena stabilita pel nuovo reato commesso, aumentata di un
grado, ed espiata questa nuova pena, ritorna a quella della prigionia a vita.
78.- Se il condannato alla prigionia a vita commetta qualunque altro reato diverso da quelli
enunciati nei tre articoli precedenti, soggiace alla stretta custodia da uno a sei mesi.
79.- Se il condannato alla pena dei lavori pubblici d sesta categoria commetta un altro reato colpito
di pena dei lavori pubblici a vita, soggiace alla condanna propria del secondo delitto senza ulteriore
aumento.
80.- Se il condannato alla pena dei lavori pubblici d sesta categoria commette altro reato colpito
dalla stessa pena, viene punito coll'aumento di un grado della pena incorsa.
81.- Se il condannato ad una pena di quarta o quinta categoria commetta un altro reato colpito di
pena dei lavori pubblici a vita, soggiace alla condanna propria del secondo reato.
82.- Se il condannato alla pena dei lavori pubblici d quarta o quinta categoria commetta altro reato
colpito di pena di prigionia a vita, soggiace alla condanna propria del secondo reato.
83.- Se il condannato alla pena di prigionia di quarta o quinta categoria commette un altro reato
colpito di pena di prigionia a vita, soggiace alla condanna propria del secondo reato.
Sez.III.
Del copulativo concorso della reiterazione e della recidiva.
84.- Il colpevole, che riunisca la duplice qualità di reiterazione e di recidiva, soggiace
contemporaneamente alle prescrizioni della Sezione I ed a quelle della Sezione II del presente
Capitolo.
TITOLO V.
Della correità e della complicità.
Cap. I.
Della correità.
85.- Autore del reato è colui che dolosamente di propria mano lo commette.
Se piu' sieno coloro che dolosamente di propria mano lo commettono, diconsi tutti coautori o correi
del reato.
I piu' autori del medesimo reato considerati in rapporto ai complici, diconsi rei principali, o autori
principali del reato.
86.- Ciascuno dei correi soggiace alla intiera pena propria del reato.
Cap. II.
Della complicità.
87.- E' complice in un reato:
1°) colui che ha istigato l'autore a commetterlo per via di mandato, o per mezzo di minaccia o di
abuso di autorità o di potere, o di qualsiasi guiderdone somministrato, o solamente promesso o di
qualsivoglia altro mezzo di pressione o di seduzione: tanto se la istigazione sia stata la sola ed
esclusiva causa, che ha fatto determinare l'autore a commettere il reato, quando se abbia
efficacemente contribuito alla determinazione dell'autore come concausa determinante;
2°) colui che ha dato speciali ed efficaci istruzioni all'autore intorno al modo di commettere il reato;
3°) colui che prima del reato ha promesso all'autore di prestargli efficace soccorso per fargli
conseguire il frutto del reato, o per fargli occultare o smaltire le cose ottenute per via del reato;
come pure colui, che, in virtu' di antecedente promessa fatta all'autore del reato, ha dato opera onde
questo rimanesse occulto, o fece sì che l'autore si sottraesse all'azione della giustizia;
4°) colui che ha indicato o somministrato all'autore le armi, gli strumenti od altri mezzi che abbiano
servito a preparare, facilitare o effettuare il reato colla scienza che vi dovevano servire;
5°) colui che col personale intervento ha scientemente prestato efficace assistenza od efficace aiuto
all'autore nei fatti, che prepararono o facilitarono il reato.
88.- Il complice designato nel N.1 dell'articolo precedente, è punito colla pena propria del reato,
qualora l'istigazione sia stata la sola ed esclusiva causa a far determinare l'autore a commettere il
reato stesso.
Qualora poi la istigazione abbia efficacemente contribuito alla determinazione dell'autore come
concausa determinante, è punito colla pena propria del reato diminuita di un grado.
89.- I complici designati nei N.2, 3 e 4 del citato rticolo sono puniti colla pena propria del reato
diminuita però di due o tre gradi.
90.- Il complice designato nel N.5 del citato articolo è punito colla pena propria del reato diminuita
di un grado, qualora l'efficace assistenza o l'efficace aiuto da lui prestato sia stato tale che senza di
esso il reato non si sarebbe commesso, ed in caso diverso la pena propria del reato viene diminuita
per esso di due o tre gradi.
91.- Non è imputabile l'istigatore designato nel N.1 del citato articolo, quante volte egli abbia
revocato in tempo utile la istigazione.
92.- Lo stesso ha luogo in favore del promettente designato nel N.3 del citato articolo, quante volte
abbia revocato la sua promessa prima dell'esecuzione del reato.
93.- L'istruttore designato nel N.2 dell'Art.1 di questo capitolo, e l'indicatore o somministratore
designati nel N.4 dell'articolo stesso, qualora mossi da pentimento abbiano denunciato alla pubblica
autorità in tempo utile il sovrastante pericolo, sono puniti con tre o quattro gradi di diminuzione
della pena propria del reato, e sono immuni da ognipe a se il reato stesso fu in forza della loro
denuncia impedito.
Cap.III.
Della complicità corrispettiva.
94.- Se piu' individui si determinano di eseguire in comune un dato reato, ma nell'atto della
esecuzione uno commette di propria mano il reato, mentre gli altri concorrono soltanto colla
efficace assistenza o coll'efficace aiuto, qualora non possa chiarirsi quale degl'individui abbia di sua
mano commesso il reato, sono riputati tutti complici corrispettivi tra loro, e vanno soggetti alla pena
ordinaria diminuita di un grado.
Cap. IV
Disposizioni comuni alla correità ed alla complicità.
95.- Le circostanze e le qualità inerenti alla persona, le quali attenuano il reato in uno dei correi o
dei complici, non sono valutate in quanto agli altri corresponsabili del reato.
Le circostanze personali, che aggravano il reato nell'autore principale di esso, lo aggravano anche
per gli altri corresponsabili del reato stesso.
96.- La responsabilità penale dei diversi coautori e complici di un reato si misura rispettivamente
dagli atti, che ciascuno commette, e salva la responsabilità di quello o quelli che influirono
nell'azione dell'altro, e salva la disposizione enunciata nel capitolo della complicità corrispettiva.
97.- Tutti i correi e complici nel medesimo reato sono solidamente tenuti alla rifazione dei danni ed
interessi ed al rimborso delle spese processuali e giudiziarie.
TITOLO VI.
Delle obbligazioni, che colpiscono i beni del condan to.
98.- Sui beni del condannato ha la prelazione in primo luogo il danneggiato per la rivalsa dei danni
sofferti, e dopo di lui il Fisco per la rifazione dlle spese processuali e giudiziarie. L'esigenza dell
multa e dell'ammenda viene in ultimo luogo.
TITOLO VII.
Dei diversi modi di estinguere l'obbligo di soggiacere alla pena.
Cap. I.
Dei modo di estinguere l'azione penale.
99.- I modi, in virtu' dei quali si estingue l'azione penale, sono i seguenti:
1°) la mancanza della querela nel termine legale, o la revoca della querela nel termine legale,
qualora trattisi di reati, pei quali, in forza di un'esplicita disposizione di legge, il Pubblico Ministero
non può procedere se non previa querela della parteoffesa o danneggiata;
2°) l'amnistia;
3°) la prescrizione dell'azione penale;
4°) la morte del prevenuto prima che intervenga una sentenza passata in giudicato;
5°) la nuova disposizione legislativa, che in via di regola generale toglie l'azione del novero dei reati
prima che intervenga una sentenza passata in giudicato;
6°) la sentenza assolutoria passata in giudicato.
Sez. I.
Della mancanza e della revoca della querela.
100.- Tutte le volte che la legge esige la querela di parte, se questa non venga prodotta nello spazio
di sei mesi a contare dal giorno delle commesso reat , o dal giorno dell'ultimo atto criminoso in
caso di reato continuato, l'azione penale rimane estinta.
101.- Non è di ostacolo alla estinzione dell'azione penale la circostanza che il colpevole rimanga
ignoto.
In questa evenienza per impedire la estinzione dell'azione penale, è necessario procedere a querela
contro il colpevole ignoto, ad oggetto che sia punito quando si farà palese alla giustizia.
102.- Nei reati che offendono il pudore o l'ordine delle famiglie, la querela può essere utilmente
revocata prima della pronunciazione della sentenza definitiva. In tutti gli altri reati di azione privata
può la querela revocarsi anche dopo la pronuncia dell s ntenza definitiva, purchè da questa siasi
appellato.
103.- La revoca della querela non produce effetto lgale, quando il querelato ricusa d'accettarla.
Sez.II.
Dell'amnistia.
104.- L'amnistia opera l'estinzione del procedimento penale.
105.- Il diritto dell'amnistia è una prerogativa spettante esclusivamente al Consiglio Sovrano.
Sez. III.
Della prescrizione dell'azione penale.
106.- L'azione penale si prescrive:
1°) in sei mesi, se la pena applicabile al prevenuto è di prima categoria;
2°) in un anno, se la pena applicabile è di seconda categoria;
3°) in un biennio, se la pena applicabile è di terza categoria;
4°) in un quinquennio, se la pena applicabile è di quarta categoria;
5°) in otto anni, se la pena applicabile è di quinta categoria;
6°) in un decennio, se la pena applicabile è di sesta categoria;
7°) in quindici anni, se la pena applicabile è di estr ma categoria.
107.- Il tempo della prescrizione si conta dal giorno del commesso reato; e, se il reato e continuato,
dal giorni dell'ultimo atto criminoso.
108.- Qualunque atto d'istruzione o di procura interrompe la prescrizione.
109.- Quando l'atto d'istruzione o di procedura abbia luogo contro uno solo dei correi o dei
complici, la prescrizione s'intende interrotta a pregiudizio di tutti gli altri correi o complici nel
medesimo reato.
110.- Allorhè l'azione penale è subordinata alla risoluzione di una pregiudiziale controversia in via
civile, la prescrizione resta interrotta dagli attidel giudizio civile e non riprende il suo corso che dal
giorno della irretrattabile risoluzione della pregiudiziale controversia.
111.- In caso di difformità tra le leggi precedenti e il presente Codice, o tra il presente Codice e le
leggi posteriori in ordine alle norme di prescrizione dell'azione penale, si applicano quelle
disposizioni, che riescono piu' proficue al prevenuto.
112.- La pronunzia della condanna in contraddittorio impedisce la prescrizione della pena, giusta le
disposizioni in appresso statuite
113.- La condanna contumaciale, come quella che diventa di niun effetto al giungere del reo in
potere della giustizia, non impedisce la prescrizione dell'azione penale, ma la fa decorrere dal
giorno in cui la sentenza contumaciale fu pronunciata.
114.- Il Tribunale deve farsi carico della prescrizione dell'azione penale, ancorchè non dedotta
dall'accusato.
115.- Il Tribunale per determinare il tempo necessario a prescrivere l'azione penale secondo l'entità
del reato, deve avere in vista la pena che per giustizia arebbe applicabile al delinquente, e non
quelle qualità speciali dedotte nella querela o denuncia od accusa, che non fossero verificate.
116.- Lo stesso principio ha luogo quando, dopo la condanna contumaciale, si debba calcolare la
prescrizione dell'azione penale.
Sez. IV.
Della morte del prevenuto avvenuta prima che si pronunci la definitiva sentenza.
117.- La morte del prevenuto avvenuta prima della pronuncia della sentenza definitiva, ancorchè
per suicidio, estingue l'azione penale.
Sez.V.
Della nuova disposizione legislativa che esclude l'azione dal novero dei reati.
118.- La nuova disposizione legislativa che in via di regola generale toglie l'azione dal novero dei
reati prima che intervenga una sentenza passata in giudicato, opera la estinzione dell'azione penale,
e ne fa cessare tutti gli effetti.
Sez. VI.
Della sentenza assolutoria passata in giudicato.
119.- Chiunque è stato una volta assoluto con sentenza definitiva passata in giudicato, non può
essere mai piu' molestato pel medesimo fatto sotto qualsiasi pretesto, quando pure si allegasse la
sopravvenienza d'ineluttabli prove di reità.
Cap.II.
Dei modi di prescrivere la pena irretrattabilmente pronunciata.
120.- I modi, in virtu' dei quali si estingue l'obbligo di espiare la pena irretrattabilmente pronunciata
sono:
1°) la remissione del querelante nei casi, in cui la legge le attribuisce efficacia anche dopo la
condanna;
2°) la grazia del Consiglio Principe;
3°) la prescrizione;
4°) la morte del condannato;
5°) la nuova disposizione legislativa, che toglie l'azione dal novero dei reati;
6°) la proclamazione d'innocenza avvenuta pel giudiz o di revisione della condanna passata in
giudicato.
Sez.I.
Della remissione del querelante.
121.- Quando la legge dichiari espressamente che la remissione del querelante anche dopo la
condanna irretrattabile sia efficace, la remissione fatta a favore di uno, opera la estinzione
dell'obbligo di espiare la pena a favore di qualsivoglia altro correo o complice nel medesimo reato.
Sez.II.
Della grazia.
122.- La grazia non può cadere che sulle condanne passate in giudicato.
123.- Colla grazia o si condona, o si diminuisce, o si commuta la pena.
124.- Il diritto di grazia è una prerogativa esclusivamente spettante al Consiglio Sovrano.
Sez.III.
Della prescrizione della pena.
125.- Si prescrive:
1°) in un biennio la pena di prima categoria;
2°) in un quinquennio la pena di seconda categoria;
3°) in un decennio la pena di terza categoria;
4°) in quindici anni la pena di quarta categoria;
5°) in venticinque anni la pena di quinta categoria;
6°) in trent'anni la pena di sesta categoria;
126.- E' imprescrittibile la pena di settima categoria.
127.- Il tempo della prescrizione dalla pena si conta dal giorno della pronunciazione della sentenza
irretrattabile.
128.- Non v'ha atto nè causa che valga ad interrompere la prescrizione della pena, salva l'eccezione
portata dall'articolo seguente.
129.- La recidiva, sempre che il nuovo reato commesso porti a pena di grado uguale o superiore a
quella, contro la quale il condannato ha cominciato a prescrivere, interrompe la prescrizione.
In questo caso il tempo necessario a prescrivere non inc mincerà a decorrere che dal giorno
dell'ultimo reato, o dal giorno dell'ultimo atto criminoso qualora l'ultimo reato fosse continuato.
130.- Il Tribunale deve farsi carico della prescrizione della pena, ancorchè non dedotta dal
condannato, e per calcolarne il termine deve applicare la legge piu' mite fra quella che precedette la
condanna e quella posteriormente promulgata.
Sez.IV.
Della morte del condannato.
131.- Dopo la condanna passata in giudicato, e dopoavvenuta la morte del condannato, sono
ammessi gli eredi a poter giustificare l'innocenza del defunto per l'effetto che ne venga reintegrata la
memoria.
Sez.V.
Della nuova disposizione legislativa.
132.- La nuova disposizione legislativa, che toglie l'azione dal novero dei reati dopo la condanna
passata in giudicato, non solo estingue l'obbligo di espiare la pena; ma reintegra il cittadino in
quello stato di reputazione, che godeva prima della esecuzione del fatto.
Sez.VI.
Della proclamazione d'innocenza.
133.- La proclamazione dell'innocenza in seguito al giudizio di revisione di una condanna passata in
giudicato, non solo opera la estinzione dell'obbligo di espiare la pena, ma dà luogo alla solenne
promulgazione dell'innocenza del condannato.
Cap.III.
Degli effetti derivanti dai modi di estinguere l'obbligo di espiare la pena.
134.- Allorquando l'azione penale si estingue in forza della prescrizione, o della morte del
prevenuto avvenuta prima che sia emanata la di lui condanna, o di una nuova disposizione
legislativa, che toglie l'azione dal novero dei reati, o in forza della sentenza assolutoria, nasce la
presunzione legale della innocenza del prevenuto con tutte le sue giuridiche conseguenze.
135.- Allorquando si estingue l'obbligo di espiare la pena irretrattabilmente pronunciata o per la
resistenza del querelante, o per la grazia del Principe, o per la prescrizione della pena, o per la morte
del prevenuto avvenuta dopo la di lui condanna, rimane in vigore la verità legale della di lui reità e
non restano tolte le interdizioni le incapacità e tutti gli altri effetti giuridici della condanna, in modo
però che non ne siano mai percorsi gli eredi o successori.
136.- Allorquando viene estinto l'obbligo di subire la pena irretrattabilmente pronunciata sia in
virtu' di una nuova disposizione legislativa, che toglie l'azione dal novero dei reati, sia per la
proclamazione d'innocenza fatta in seguito al giudizio di revisione di una condanna passata in
giudicato, cessa non solo la pena, ma vengono tolte ancora le interdizioni, le incapacità e gli altri
effetti giuridici della condanna non peranco consumati.
Cap.IV.
Della riabilitazione.
137.- La riabilitazione fa cessare le incorse interdizioni ed incapacità legali, e rimette il cittadino in
quella stessa condizione morale e civile, i cui trovavasi prima della condanna.
138.- Il diritto di riabilitare è una prerogativa spettante esclusivamente al Consiglio Sovrano.
139.- Il decreto di grazia del Consiglio Sovrano non induce la riabilitazione del condannato, salvo il
caso di esplicita menzione.
TITOLO VIII.
Dei modi di estinguere le obbligazioni civili emergnti dal reato.
140.- Le obbligazioni civili emergenti del reato cessano nei modi designati dal diritto civile per tutte
le obbligazioni di tal genere.
LIBRO III.
DELLA PENA IN GENERALE
TITOLO I.
Della duplice specie delle pene e delle regole relativ a ciascuna specie.
Cap.I
Delle due specie delle pene.
141.- Le pene adottate dalla legge sono di due specie, cioè principali ed accessorie.
Cap. II.
Delle pene principali e delle loro graduazioni.
142.- Le pene principali adottate dalla legge sono le seguenti:
1°) lavori pubblici a vita;
2°) lavori pubblici a tempo;
3°) prigionia a vita;
4°) prigionia a tempo;
5°) interdizione dall'esercizio di tutti, o di uno, o piu' determinati diritti politici, o dallo esercizio di
tutti o di uno, o piu' determinati impieghi, o pubbliche funzioni, o dallo esercizio di una determinata
professione, o di un'arte determinata, o di un determinato mestiere, o dall'esercizio di qualsivoglia
diritto, o prerogativa, senza pregiudizio delle interdizioni, perdite od incapacità specificate nel titolo
ultimo del presente libro;
6°) multa.
143.- I condannati alle pene indicate nei N.1,2,3 e 4 d ll'articolo precedente, sono tradotti per
l'espiazione di esse in una casa penitenziaria estera o dello Stato, qualora la condanna, che si
pronuncia o che resta ad espiarsi nell'atto che si proferisce la sentenza, giunga a sei mesi o li superi.
144.- La pena dei lavori pubblici ha sette gradi cioè:
1°) da anni tre a cinque;
2°) da cinque a sette anni;
3°) da sette a dieci anni;
4°) da dieci a quindici anni;
5°) da quindici a venti anni;
6°) da venti a venticinque anni;
7°) lavori pubblici a vita.
145.- Non si può salire in via di aumento dagli anni venticinque di lavori pubblici ai lavori pubblici
a vita senza una espressa disposizione di legge.
146.- La prigionia ha i seguenti gradi:
1°) da un giorno ad un mese;
2°) da un mese a tre;
3°) da tre mesi a sei;
4°) da sei mesi ad un anno;
5°) da un anno a tre;
6°) da tre anni a cinque;
7°) da cinque a sette anni;
8°) da sette a dieci anni;
9°) da dieci a quindici anni;
10°) da quindici a venti anni;
11°) da venti a venticinque anni;
12°) la prigionia a vita.
147.- Per norma di espiazione delle pene afflittive dianzi esposte è statuito, che il giorno di pena è
di ore ventiquattro, il mese di giorni trenta, e l'anno si computa secondo il calendario Gregoriano.
148.- Non si può salire, in via di aumento, dagli anni venticinque di prigionia a vita senza una
espressa disposizione di legge.
149.- Ogniqualvolta per espressa disposizione della legge la pena statuita nei singoli casi del
presente Codice si deve diminuire, od aumentare di uno o piu' gradi, si discende, o si salisce di
grado in grado giusta la scala penale stabilita dai precedenti articoli.
Ed allorquando dalla pena dell'infimo grado dei lavori pubblici, cioè da tre a cinque anni, si deve
discendere di uno o piu' gradi, si passa alla prigionia da un anno a tre, e quindi a quella da sei mesi
ad un anno, e così successivamente si decresce giusta la scale penale superiore stabilita. Il massimo
del grado inferiore costituisce il minimo di quello immediatamente superiore, e viceversa, cossichè
se per esempio la latitudine è da tre a cinque anni, l'applicazione del triennio la diminuzione di un
grado.
150.- La multa ha i seguenti gradi:
da L.5 a 10; da L. 10 a 20;
da L. 20 a 50; da L.50 a 100;
da L. 100 a 150;
da L.150 a 200;
da L.200 a 300;
da L.300 a 500, salvi i casi, in cui per ragione di recidiva la legge prescrive uno speciale aumento a
quest'ultima somma.
La detta scala graduatoria della multa serve di norma al giudice per diminuire od aumentare la
multa stabilita dalla legge di uno o piu' gradi, giusta le speciali disposizioni del precedente Codice.
151.- Qualora una sanzione penale di questo Codice abbracci piu' gradi di pena, e debba questa
nella specialità del caso aumentarsi per espressa di posizione della legge, i giudici si terranno entro
la latitudine del grado maggiore, e qualora debba la pena diminuirsi, si terranno entro la latitudine
del grado inferiore, salva la facoltà di discendere per imponenti motivi anche al disotto di questo.
Se la sanzione penale porta la prigionia di un solomese, o minore, l'aumento o il decremento, cui
desse luogo la specialità del caso, si fa mediante l'aumento o il decremento di uno o piu' giorni alla
pena.
152.- Se il condannato alla interdizione, dopo la sentenza irrevocabile contravvenga al divieto,
soggiace alla prigionia da un mese a tre mesi, rimanendo ferma la interdizione.
153.- Se il condannato alla interdizione, dopo la sentenza irrevocabile per infrazione al divieto a
termini dell'articolo precedente, ricada in una seconda infrazione al divieto stesso, soggiace alla
prigionia da tre mesi a sei, rimanendo ferma la interdizione.
154.- Al giudice incombe l'obbligo di menzionare nella sentenza, con cui infligge la interdizione
temporanea, che in caso d'infrazione al divieto l'infrantore incorrerà nelle pene prescritte negli
articoli precedenti.
155.- Il prodotto delle multe va a profitto del pubblico erario, salvi i casi, in cui il presente Codice
od altra Legge Sovrana ne attribuisca una quota alla forza esecutrice.
156.- Il condannato, che per insolvibilità non può pagare la multa, la espia col carcere in ragione di
un giorno di prigionia ogni cinque lire di multa. Tale sostituzione dev'essere dal giudice espressa
nella sentenza.
157.- Cominciata la espiazione della prigionia come pena sostituita , il condannato è autorizzato a
liberarsene pagando la multa in una somma proporzionale alla pena residuale.
158.- Se dopo cominciata la espiazione della prigion a come pena sostituita, il condannato muoia
durante la espiazione, la pena rimane estinta.
Cap.III.
Delle pene accessorie.
159.- Le pene accessorie sono:
1°) il bando per sempre da tutto il territorio della Repubblica;
2°)l'ammenda, ossia quella pena pecuniaria che la legge commina congiuntamente ad altra pena
afflittiva.
160.- Il bando non si pronuncia che contro gli stranieri.
161.- Il giudice deve infliggere la pena accessoria del bando contro tutti gli stranieri, che vengono
condannati ad una pena di lavori pubblici da tre a cinque anni, o a qualunque altra pena superiore,
ancorchè ciò non sia comminato da una speciale disposizione di legge.
Quando lo straniero viene condannato ad una pena miore delle suenunciate, il giudice deve fare
rapporto del suo giudicato al Consiglio Principe, prchè possa risolvere se convenga di interdire al
condannato il territorio della Repubblica per quando avrà espiata la pena.
162.- Il condannato al bando nell'atto che viene consegnato alla forza del Governo, presso cui deve
espiare la pena principale, riceve l'ingiunzione di un precetto, con cui gli viene intimato che non si
attenti a rientrare nel territorio della Repubblica sotto pena dell'immediato arresto non che della
prigionia da tre mesi a sei, con avvertenza che dopo l'espiazione di tal pena rimane fermo il bando.
163.- Qualora il condannato al bando dopo espiata la pena della prima contravvenzione torni a
violarlo, soggiace alla prigionia da sei mesi ad un an o, rimanendo sempre fermo il bando.
164.- Lo straniero condannato ad una pena, che importi il bando dallo Stato, giusta le disposizioni
di questo capitolo, se riceve la grazia dal Consiglio Principe o in tutto o in parte, non rimane
esonerato dalle conseguenze del bando.
165.- Il pagamento dell'ammenda va sempre a profitto del pubblico erario, e si esige coi privilegi
fiscali.
166.- Il giudice non può infliggere la pena accessoria dell'ammenda se non nei casi espressi dalla
legge.
167.- L'ammenda ha gli stessi gradi della multa per l'effetto della diminuzione o dell'aumento , a cui
possano dar luogo le speciali disposizioni della legge.
168.- In caso d'insolvibilità del condannato, non può all'ammenda sostituirsi altra pena, salva
sempre l'azione per la riscossione dell'ammenda quando sopravvenga la possibilità di soddisfarla,
purchè non sia trascorso il tempo necessario a prescriv re la pena stessa.
TITOLO II.
Dell'epoca in cui la condanna ad una pena diventa eseguibile, e dell'epoca, in cui comincia la
espiazione della pena.
169.- La condanna ad una pena si rende eseguibile dal momento in ci la sentenza acquista il
carattere di cosa giudicata.
170.- Comincia l'espiazione della pena:
1°) pei condannati alle pene di lavori pubblici o di prigionia, dal giorno in cui vennero sottoposti
alla carcere preventiva;
2°) pei condannati alle stesse pene, che non subirono carcere preventiva, dal giorno in cui si
costituirono in carcere per sentire pronunciare la sentenza;
3°) pei condannati all'interdizione temporanea, dal giorno in cui fu questa definitivamente
pronunciata se viene inflitta isolatamente, ovvero dal giorno in cui fu completamente espiata la pena
di prigionia o di lavori pubblici, colla quale si trovi congiunta la interdizione.
TITOLO III.
Del concorso della pena di prigionia colla interdizione.
171.- Se il condannato all'interdizione viene condannato alla pena della prigionia per aver violata la
interdizione, cui andava soggetto, il tempo, pel quale fu questa pronunciata, non decorre durante la
espiazione della pena di prigionia, ma riprende il suo corso dopo la completa espiazione di
quest'ultima pena.
TITOLO IV.
Della divisione delle pene per categorie.
172.- Le pene principali adottate dalla legge si dividono in sette categorie.
173.- Sono pene di prima categoria:
1°) la prigionia al disotto di un anno;
2°) la interdizione temporanea;
3°) la multa.
174.- E' pena di seconda categoria la prigionia non minore di un anno, e al disotto di tre anni.
175.- E' pena di terza categoria la prigionia non mi ore di tre anni e al disotto di ani sette.
176.- Sono pene di quarta categoria:
1°) i lavori pubblici per un tempo minore di anni tre, nè maggiore di anni dieci;
2°) la prigionia non minore di anni sette, nè maggiore di anni quindici.
177.- Sono pene di quinta categoria:
1°) i lavori pubblici per un tempo non minore di anni dieci, ne maggiore di anni venti;
2°) la prigionia maggiore di anni venti.
178.- Sono pene di sesta categoria:
1°) i lavori pubblici per un tempo maggiore di anni venti;
2°) la prigionia a vita.
179.- E' la pena di settima categoria o di estrema categoria quella dei lavori pubblici a vita.
TITOLO V.
Delle norme speciali relative al metodo di espiazione di piu' pene congiunte.
180.- Quando un colpevole è condannato a piu' pene, la cui simultanea soddisfazione riesca
incompatibile, e le pene siano d'indole diversa, deve subire prima la pena piu' gravosa ed espiata
questa, passa a scontare la pena meno gravosa.
181.- Del pari, quando un colpevole, mentre espia una pena, resta colpito da una nuova pena di
diversa indole e piu' gravosa, deve passare immediatamente a scontare la nuova pena, e, scontata
questa, passa ad espiare il residuo della prima pen.
182.- In niun caso il tempo della sospensione della espiazione di una pena a motivo della espiazione
di un'altra pena congiunta, può tenersi a calcolo per la prescrizione di quella pena, la cui espiazione
è rimasta sospesa.
TITOLO VI.
Di alcuni speciali effetti delle pene.
183.- Il giudice è in dovere di pronunciare nella sentenza gli effetti delle pene significati negli
articoli seguenti.
184.- La irrevocabile condanna alla pena dei lavori pubblici a vita o della prigionia a vita, quando
venga pronunciata per un misfatto di sua natura infamante, porta seco:
1°) la interdizione per sempre dal diritto di disporre, sia per testamento, sia per atto di donazione tra
vivi, dei proprê beni, non esclusi quelli che si acquistano dopo la sentenza per testamento, o per atto
di donazione tra vivi;
2°) la interdizione dall'amministrazione dei proprê beni durante la effettiva espiazione della pena,
per modo che, se per effetto della grazia del Consiglio Sovrano la pena venisse condonata, o ridotta
ed il condannato o riacquistasse la libertà, questi rientrerebbe nell'amministrazione de' proprê beni,
ferma rimanendo la interdizione mentovata nel N.1 di questo articolo;
3°) la interdizione per sempre dallo esercizio di qualsivoglia diritto politico e di qualunque funzione
od impiego pubblico;
4°) la perdita di tutti i distintivi d'onore, civili o militari, e la incapacità di conseguirne;
5°) la decadenza da tutti i titoli di nobiltà, e la incapacità di conseguirne, in guisa però che la
decadenza dei titoli di nobiltà non possa mai colpire i figli e la famiglia del condannato.
185.- La irrevocabile condanna alla pena dei lavori pubblici di sesta categoria, o ad una delle pene
di quinta categoria, qualora sia pronunciata per un misfatto di sua natura infamante, porta seco:
1°) la interdizione, durante la effettiva espiazione della pena, dal diritto di disporre, sia per
testamento, sia per atto di donazione tra vivi, dei proprê beni, non esclusi quelli che si acquistano
dopo la condanna per testamento o per atto di donazione tra vivi;
2°) la interdizione dall'amministrazione dei proprê beni durante la effettiva espiazione della pena;
3°) la interdizione, la perdita e la incapacità e la decadenza ed incapacità menzionate nei N.3, 4 e 5
dell'articolo precedente.
186.- La irrevocabile condanna ad una delle pene di quarta categoria, quando sia pronunciata per un
misfatto di sua natura infamante, porta seco:
1°) la interdizione dall'amministrazione dei proprê beni durante la effettiva espiazione della pena;
2°) la interdizione dallo esercizio di qualsivoglia diritto politico, e di qualunque funzione od
impiego pubblico, non solo per tutto il tempo dell'effettiva espiazione della pena, ma ancora per un
tempo uguale a quello della pena inflitta colla sentenza, da decorrere dal momento della perfetta
estinzione dell'obbligo della espiazione;
3°) il divieto di far uso dei distintivi di onore civili o militari, e la incapacità di conseguirne, non che
il divieto di far uso dei titoli di nobiltà e la incapacità di conseguirne, non solo per tutto il tempo
della espiazione effettiva della pena, ma ancora pe un tempo uguale a quello della pena inflitta
colla sentenza, da decorrere dalla perfetta estinzione dell'obbligo della espiazione.
187.- La condanna irrevocabile alla pena di prigionia di terza categoria, quando sia pronunciata per
un misfatto di sua natura infamante, porta seco:
1°) la interdizione dall'amministrazione dei proprê beni durante la effettiva espiazione della pena;
2°) la interdizione dall'esercizio di qualsivoglia diritto politico, e di qualunque funzione od impiego
pubblico, durante la effettiva espiazione della pena;
3°) il divieto di far uso dei distintivi di onore civili e militari, e dei titoli di nobiltà durante la
effettiva espiazione della pena.
188.- Alle persone condannate ed interdette giusta l disposto dei precedenti articoli viene ad istanza
di qualunque interessato nominato un curatore per l'amministrazione dei beni.
189.- La condanna irrevvocabile a qualsivoglia pena porta seco la classificazione del corpo del
reato, non che degli strumenti che servirono o che sono destinati a commetterlo, come pure del
danaro, o di tutto ciò che è pecuniariamente valutabile, dato o promesso ad un pubblico funzionario
ad oggetto di corromperlo, ad un perito o testimone ad oggetto di subornarlo, o ad un mandatario
per prezzo del mandato a commettere un reato.
190.- Gli effetti speciali delle condanne contumaciali alle pene di quarta, di quinta, di sesta e di
estrema categoria, vengono determinati dal Codice di procedura penale.

PARTE II.
Della legge punitiva del reato e della pena in particolare.
LIBRO I.
DEI MISFATTI
Prima classe dei misfatti
Dei misfatti contro la sicurezza dello Stato(1)
TITOLO I.
Dei misfatti contro la sicurezza esterna dello Stato.
Cap. I.
Della cospirazione contro la sicurezza esterna dello Stato.
191.- La cospirazione intesa a distruggere la Sovranità, o la indipendenza dello Stato, ovvero ad
incorporare ad un altro Stato il territorio della Repubblica o parte di esso , è punita colla prigionia
da dieci a quindici anni e coll'ammenda di L.300 a 500.
192.- Vi ha cospirazione quando fra tre o piu' persone sia stata concertata o conchiusa la risoluzione
di agire per la distruzione della sovranità o della indipendenza dello Stato.
193.- Quando i cospiratori abbiano anche preparati i mezzi materiali efficaci al proposto scopo,
vengono puniti colla prigionia da quindici a venti anni, e coll'ammenda di L.500.
194.- Non sono imputabili i cospiratori, ancorchè abbi no preparati i mezzi materiali al proposto
scopo, quante volte, otre essersi disciolti dal vicendevole impegno, distruggano o disperdano o si
disfacciano di qualsiasi modo dei preparati mezzi materiali.
195.- Neppure è imputabile quel cospiratore, il quale provi che, sia prima, sia dopo la preparazione
dei mezzi efficaci al proposto scopo, abbia manifestato alla società cospiratrice l'intenzione di non
volervi piu' appartenere e dimostri che in fatto si ritirò dalla medesima.
196.- La impunità contemplata nei due precedenti articoli ha luogo soltanto quando la resistenza, di
cui in essi si parla, sia avvenuta prima di qualunque atto iniziativo del processo e prima che il fatto
sia giunto a notizia della pubblica autorità.
Cap.II.
Dell'attentato contro la sicurezza dello Stato.
197.- L'attentato di distruggere la Sovranità e l'indipendenza dello Stato, ovvero d'incorporare ad
una altro Stato tutto il territorio della Repubblica, o parte di esso, è punito coi lavori pubblici da
venti a venticinque anni, e coll'ammenda da 300 a 50 lire.
198.- Vi ha attentato sempre che siasi intrapreso un atto qualunque di esecuzione.
Cap.III.
Delle altre specie di misfatti contro la sicurezza dello Stato.
199.- Il sammarinese, che si associa all'armata invditrice e rivolga le armi contro la patria, è punito
coi lavori pubblici a vita, e coll'ammenda da 300 a 500 lire.
200.- L'aiuto o il soccorso, o anche l'atto di adesione all'invasore, è punito secondo la esigenza dei
casi, colla prigionia da dieci a quindici anni, ovvero coi lavori pubblici da sette a dieci anni
coll'aggiunta in ogni caso dell'ammenda da 300 a 500 lire.
201.- Qualunque concerto od intelligenza presa con un'estrema Potenza o coi suoi agenti allo scopo
di determinarla o d'incoraggiarla ad ivadere lo Stato, oppure ad esercitare qualche altra ostilità, è
punito coi lavori pubblici da dieci a quindici anni, e coll'ammenda da 300 a 500 lire, qualora ne sia
seguita la invasione od altra ostilità, ed in caso negativo è punito colla prigionia da tre a cinque anni
e coll'ammenda da 150 a 200 lire.
202.- Se un Reggente la Repubblica, o un membro del Consiglio Sovrano, o un incaricato di
negoziazioni, o un funzionario pubblico qualunque sia consapevole, per ragione del proprio officio,
di un segreto che interessa la conservazione politica della Repubblica, e lo comunichi ad una
Potenza estera o a' suoi agenti, è punito con tre a cinque anni d'interdizione dall'esercizio di tutti i
diritti politici, e di tutti gl'impieghi pubblici o pubbliche funzioni, e coll'ammenda da 300 a 500 lire.
203.- L'arruolamento di cittadini sammarinesi eseguito senza autorizzazione del Governo pel
servizio di una Potenza estera, è punito nell'arroltore colla prigionia da tre a cinque anni e
coll'ammenda da 300 a 500 lire, e negli arrolati coll'interdizione dall'esercizio di tutti i diritti politici
e di tutti gl'impegni pubblici per la durata di anni dieci a quindici; la qual pena potrà essere ristretta
al termine da uno a tre anni in favore di quelli, che fossero stati per mezzo di seduzione indotti ad
arrolarsi.
204.- Il sammarinese, che, fuori del caso preveduto nell'articolo precedente, prende servizio militare
presso una Potenza estera senza l'autorizzazione del Gov rno, è punito coll'interdizione
dall'esercizio di tutti i diritti politici e di tutti gl'impieghi pubblici per la durata da anni cinque a
dieci, salva la pena maggiore, qualora porti le armi contro la patria o formi parte dell'armata nemica.
205.- Qualunque atto ostile contro una Potenza estera non approvato dal Governo, che esponga la
Repubblica al pericolo di subire una invasione o qualunque altra ostilità, o che faccia soffrire
rappresaglie ad un cittadino sammarinese, è punito colla prigionia da uno a tre anni e coll'ammenda
da 20 a 50 lire.
Se la invasione o la rappresaglia abbia avuto effetto, è punito colla prigionia da cinque a sette anni e
coll'ammenda da 150 a 200 lire. Il tutto, salvo la pena maggiore, alla quale l'atto ostile andasse di
per sè stesso soggetto.
TITOLO II.
Dei misfatti contro la sicurezza interna dello Stato.
Cap. I.
Della cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato.
206.- La cospirazione intesa a sovvertire o cambiare l' ttuale forma di Governo, ovvero a
disciogliere il Consiglio Sovrano, oppure a distaccare una parte del territorio dalla integrità dello
Stato, è punita colla prigionia da cinque a sette anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire.
207. Quando i cospiratori abbiano anche preparati i mezzi materiali efficaci al proposto scopo,
vengono puniti colla prigionia da sette a dieci ani e coll'ammenda da 300a 500 lire.
208.- I riguardi statuiti dalla legge in favore della resipiscenza dei cospiratori nel titolo precedente
sono applicabili anche ai reati contemplati in questo titolo.
Cap.II.
Dell'attentato contro la sicurezza interna dello Stato.
209.- L'attentato di sovvertire o di cambiare l'attu le forma di Governo, o di disciogliere il
Consiglio Sovrano, o di sottrarre una parte del territorio al governo della Repubblica, è punito coi
lavori pubblici da quindici a venti anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire.
210.- Vi è attentato, qualora siasi intrapreso un atto qualunque iniziativo della esecuzione del
delitto.
TITOLO III.
Della sollevazione allo scopo di attentare alla sicurezza esterna o interna dello Stato.
211.- In caso di sollevazione diretta contro la sicurezza dello Stato, tutti quelli, che vi presero una
parte principale, sono puniti coi lavori pubblici da quindici a venti anni e coll'ammenda da 300 a
500 lire, salva la maggiore responsabilità dei delinquenti qualora il loro reato salga ad una specie
piu' grave.
212.- Tutti gli altri partecipanti alla(*) sollevazione sono puniti coi lavori pubblici da sette a dieci
anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire, salva la pen maggiore qualora l'operato presenti i caratteri
di misfatto piu' grave.
213.- I partecipanti alla sollevazione menzionati nell'articolo antecedente non sono punto
imputabili, qualora o di moto proprio, o dietro intimazioni dell'autorità civile o militare, o a
consiglio di qualsivoglia individuo si rientrino dalle bande o dagli attruppamenti.
214.- Quando i sollevati, dopo avere intrapreso un atto costituente l'attentato, di cui nei precedenti
articoli, si ritirino dalle bande o dagli attruppamenti alla prima intimazione dell'autorità civile o
militare, la pena da essi incorsa viene diminuita di due o tre gradi.
215.- I riguardi stabiliti dalla legge nei precedenti articoli in favore di chi recede dall'operato
criminoso non tolgono la responsabilità penale propria degli altri reati commessi durante la
sollevazione o per occasione della medesima.
TITOLO IV.
Della provocazione all'attentato contro la sicurezza esterna od interna dello Stato. (2)
216.- Chiunque con discorsi o con allocuzioni pronunciati in luoghi pubblici o in pubbliche
radunanze o con iscritture o con rappresentazioni figurative affisse al pubblico, o messe in
circolazione tra gli abitanti, o con qualsiasi altr pubblica manifestazione sediziosa, provochi
direttamente alla perpetrazione dell'attentato contro la sicurezza esterna od interna dello Stato, è
punito pel solo fatto della provocazione:
1°) colla pena propria dell'autor principale del reato, qualora l'attentato abbia avuto luogo;
2°) colla prigionia da sette a dieci anni, e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se la provocazione abbia
avuto per effetto la sollevazione soltanto;
3°) colla prigionia da uno a tre anni e coll'ammenda da 150 a 200 lire, se la provocazione sia
rimasta del tutto priva di effetto.
217.- La pena stabilita nel n.2 dell'articolo precedente è sempre applicabile al provocatore, ancorchè
i sollevati col loro tempestivo recesso abbiano meritata l'impunità.
Seconda classe di misfatti
Dei misfatti che ledono immediatamente tutta la società
TITOLO I.
Dei misfatti che tendono a sconvolgere lo Stato mediante la guerra civile, o la strage, o la
depredazione, o la devastazione.
Cap. I.
Della cospirazione intesa ai suddetti scopi.
218.- La cospirazione intesa a suscitare la guerra civile tra la popolazione, o tra le varie frazioni di
una medesima popolazione, ovvero a fare strage di una data classe di persone, ovvero a depredare, o
devastare le proprietà dello Stato, o le proprietà di una data classe di persone è punita:
1°) colla prigionia da sette a dieci anni, e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se mira alla guerra civile
o alla strage;
2°) colla prigionia da tre a cinque anni e coll'ammenda da 150 a 200 lire, se mira alla depredazione
o alla devastazione.
219.- Quando i cospiratori abbiano preparati i mezzi materiali efficaci al proposto scopo, vengono
puniti:
1°) colla prigionia da dieci a quindici anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se la cospirazione mira
alla guerra civile o alla strage;
3°) colla prigionia da cinque o sette anni, e coll'ammenda da 150 a 200 lire, se la cospirazione mira
alla depredazione o alla devastazione.
220.- I riguardi stabiliti in favore di quelli, che r cedono dai misfatti politici contemplati nei
precedenti articoli, sono applicabili anche alla cospirazione contemplata in questo capitolo.
Cap. II.
Dell'attentato di suscitare la guerra civile, o la strage, o la depredazione, o la devastazione.
221.- L'attentato di suscitare la guerra civile tra popolazione e popolazione, o fra le varie frazioni di
una medesima popolazione, ovvero di fare strage di una data classe di persone, ovvero di depredare,
o devastare le proprietà dello Stato, o le proprietà di un dato Comune, o le proprietà di una data
classe di persone, è punito:
1°) coi lavori pubblici da venti a venticinque anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se mira alla
guerra civile o alla strage;
2°) coi lavori pubblici da dieci a quindici anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se mira alla
depredazione o alla devastazione.
Cap. III.
Della sollevazione allo scopo di eccitare la guerra civile, o la strage, o la depredazione, o la
devastazione.
222.- La sollevazione diretta ad eccitare la guerra civile, o la strage, o la depredazione, o la
devastazione è punita in quelli che vi presero la parte principale:
1°) coi lavori pubblici da quindici a venti anni, e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se ebbe per iscopo
la guerra civile o la strage , anche di un solo cittad no, che però non sia seguita;
2°) coi lavori pubblici da sette a dieci anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se era diretta alla
depredazione o alla devastazione.
223.- Tutti gli altri partecipanti alla sollevazione, purchè il loro delitto non degeneri in reato
maggiore sono puniti:
1°) coi lavori pubblici da sette a dieci anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se la sollevazione era
diretta alla guerra civile o alla strage anche di un solo cittadino, che però non sia seguita;
2°) colla prigionia da sette a dieci ani e coll'ammenda da 150 a 200 lire, se la sollevazione era
diretta alla depredazione o alla devastazione.
224.- I riguardi statuiti nei precedenti articoli di questo titolo in favore dei recedenti dal reato sono
applicabili anche al misfatto contemplato nel presente capitolo.
Cap. IV.
Della guerra civile, della strage, della depredazione e della devastazione portate ad effetto.
225.- La guerra civile consumata o la strage consumata anche di un solo cittadino è punita coi lavori
pubblici a vita e coll'ammenda da 300 a 500 lire.
226.- La depredazione consumata o la devastazione consumata è punita coi lavori pubblici da venti
a venticinque anni e coll'ammenda da 300 a 500 lire.
227.- Le regole della corretià e complicità designate dalla legge sono applicabili a tutti i reati
contemplati nel presente titolo, in tutti quei casi in cui la legge non dispone diversamente.
Cap. V.
Della provocazione alla guerra civile, o alla strage, o alla depredazione, o alla devastazione.
228.- Chiunque con mezzi efficaci provochi alla guerra civile, o alla strage, pel solo fatto della
provocazione è punito:
1°) come autore principale, se il misfatto abbia avuto luogo od abbia avuto luogo l'attentato;
2°) colla prigionia da sette a dieci ani e coll'ammenda da 300 a 500 lire, se la provocazione abbia
avuto per effetto la sollevazione soltanto;
3°) colla prigionia da uno a tre anni e coll'ammenda da 150 a 200 lire, se la provocazione sia
rimasta del tutto priva di effetto.
229.- Chiunque con mezzi efficaci provochi alla depredazione o alla devastazione, pel solo fatto
della provocazione è punito:
1°) come autore principale del reato, se il misfatto bbia avuto luogo od abbia avuto luogo
l'attentato;
2°) colla prigionia da tre a cinque anni e coll'ammenda da 150 a 200 lire se la provocazione abbia
avuto per effetto la sollevazione soltanto;
3°) colla prigionia da sei mesi ad un anno e coll'ammenda da 150 a 200 lire, se la provocazione sia
rimasta del tutto priva di effetto.
230.- La pena stabilita nel numero 2 degli articoli precedenti è sempre applicabile al provocatore,
ancorchè i sollevati col loro tempestivo recesso abbiano meritata l'impunità.
TITOLO II.
Dei misfatti contro la retta amministrazione della Repubblica in generale.
Cap. I. Della intrusione in funzioni pubbliche non demandate.
231.- Chiunque non autorizzato legittimamente si arroghi la qualità di pubblico funzionario e ne
eserciti qualche atto, è punito, secondo l'importanza della qualità usurpata e secondo la natura
dell'atto esercitato, o colla prigionia da sei mesi ad un anno, o colla multa da 100 a 150 lire.
232.- Se però la qualità usurpata a senso dell'articolo precedente sia quella di Generale comandante
delle milizie cittadine o di qualunque altre arma dello Stato, e se la usurpazione di questa qualità
abbia avuto luogo, in tempo di sollevazione o di qualunque tumulto popolare, si applica la pena di
prigionia da dieci a quindici anni e la interdizione dall'esercizio di tutti i diritti politici e di tutti gli
impieghi pubblici o pubbliche funzioni per la durata da dodici a venti anni, salve le pene piu' che
fossero dovute qualora gli atti esercitati costituissero un reato speciale contemplato dalla legge.
233.- Il funzionario pubblico, il quale dopo cessata l'epoca del suo esercizio sia per revocazione
della nomina, sia per essere spirato il termine della durata della carica, continua nell'esercizio delle
sue funzioni, si reputa intruso in funzioni pubbliche non demandate e va soggetto alle pene
comminate nell'articolo primo di questo capitolo.
Cap. II.
Della corruzione e della frode nella nomina di un fzionario pubblico.
234.- Qualsivoglia corruzione usata per ottenere in favore di sè stesso o di chiunque altro uno o piu'
voti nella nomina ad una pubblica funzione, ovvero perchè un dato individuo non ottenga uno o piu'
voti in detta nomina, è punita nel votante, che traffic il proprio suffragio, con dodici a venti anni
d'interdizione dall'esercizio di tutti i diritti politici e di tutti gl'impieghi pubblici o pubbliche
funzioni, e colla multa da 300 a 500 lire.
230(*).- La proposta di un prezzo fatta per indurre un votante a trafficare il proprio suffragio a
senso dell'articolo antecedente, qualora non venga accettato, è punita secondo la importanza dei
casi, o colla multa da 150 a 200 lire, o colla multa da 50 a 100 lire.
Se per ottenere lo scopo designato nell'Art.1 di questo capitolo si faccia uso di minacce gravi o
d'altri mezzi d'intimidazione, il minacciante è punito colla prigionia da uno a tre anni e
coll'ammenda da 150a 200 lire.
236.- Qualunque frode usata nello estrarre a sorte i nomi dei candidati e nello scrutinio dei voti, dai
quali dipende il conferimento di un pubblico ufficio, è punita colla prigionia dai sei mesi ad un
anno, con l'interdizione da dieci a quindici anni dall'esercizio di tutti gli impieghi pubblici e
coll'ammenda da 300 a 500 lire.
Cap.III.
Del rifiuto delle funzioni pubbliche demandate, e della dimissione intempestiva.
237.- Chiunque eletto Reggente della Repubblica ricusi l'ufficio o desista dalle sue funzioni è punito
colla multa di 500 lire, ed in caso di recidiva la multa è del doppio di tale somma, la quale si triplica
nel caso di recidiva ulteriore.
238.- Chiunque nominato ad un ufficio pubblico qualsiasi, la cui accettazione è dichiarata
obbligatoria dalle leggi, ricusi il carico demandatogli, o desista dalle sue funzioni, è punito colla
multa da 150 a 200 lire.
In caso di recidiva la multa è raddoppiata, ed in caso di ulteriore recidiva viene portata al triplo.
239.- Cessa ogni responsabilità penale pel fatto contemplato nell'articolo precedente quando
concorrano copulativamente le seguenti condizioni:
1°) che l'autorità delegante trovi giusti i motivi del rifiuto e dichiari sciolto il funzionario pubblico
ricusato dall'obbligo di esercitare l'ufficio;
2°) che il funzionario pubblico eserciti l'ufficio fino all'epoca del dichiarato scioglimento
dell'obbligo di esercitarlo.
240.- L'esercente un pubblico ufficio od un impiego qualunque, la cui accettazione non è dichiarata
obbligatoria dalla legge, il quale desista dalle sufunzioni senza avere notificato almeno due mesi
prima all'autorità delegante o ai Reggenti della Repubblica e la determinazione di dimettersi dalla
carica, è punito colla multa da 50 a 100 lire, la qu le secondo l'importanza dei casi può anche essere
innalzata da 300 a 500 lire.
Cap. IV.
Dei misfatti dei funzionari pubblici per abuso di ufficio o con abuso d'ufficio.
241.- Si verifica l'abuso d'ufficio ogni qualvolta un funzionario pubblico rivolge l'autorità, il potere,
i mezzi, la fiducia, che gli vengono conferiti dalla carica, ad uno scopo contrario ai fini ,pei quali è
istituita la carica stessa.
242.- Quando l'abuso di ufficio viene elevato a misfatto in virtu' di una speciale disposizione
legislativa, si applica la pana ivi statuita.
Quando mediante abuso di ufficio si commette un misfatto comune, si applica la pena propria del
reato commesso, e l'abuso di ufficio si considera come circostanza aggravante per tutti gli effetti di
legge.
Quando il misfatto comune commesso dal funzionario con abuso di ufficio è della categoria di
quelli, che il funzionario stesso è tenuto d'impedir , la pena viene accresciuta di un grado.
Sez.I.
Della violazione del segreto d'ufficio.
243.- Il pubblico funzionario, che viola un segreto di ufficio, manifestando un fatto o un documento
o una scrittura qualunque, che per dovere di ufficio dovrebbero tenersi celati, è punito secondo
l'importanza dei casi o colla interdizione dall'esercizio della carica per la durata di un anno a tre, o
colla multa da 50 a 100 lire, salva la pena maggiore nel caso che il segreto interessi la
conservazione della Repubblica, e salva la pena propria della corruzione se v'intervenne.
Sez. II.
Del ritardo, dell'omissione e del rifiuto di un atto, che entra nella serie dei doveri del proprio ufficio.
244.- Qualunque funzionario pubblico, il quale ritardi, ometta o si rifiuti di far un atto, che è
compreso nella categoria de' suoi doveri, è punito colla multa da 20 a 50 lire, la quale potrà anche
essere innalzata da 50 a 100 lire in ragione dell'importanza del danno, che ne è derivato.
245.-Il Comandante Generale delle milizie cittadine o di qualunque altr'arma della Repubblica, il
quale dietro legale richiesta della Reggenza o di qualunque altre legittima autorità si rifiuti da far
agire la forza posta sotto i suoi ordini, è punito colla interdizione dall'esercizio della carica da sei a
dieci mesi e colla multa da 150 a 200 lire.
Se il rifiuto si verifichi in tempo di sollevazione o di qualunque tumulto popolare, si applica la pena
di prigionia da tre a cinque anni, la interdizione dall'esercizio di tutti i diritti politici e di tutti
gl'impieghi pubblici per la durata di sei a dieci anni e l'ammenda da 300 a 500 lire.
246.- Il Medico od il Chirurgo condotto, il quale dietro richiesta ritardi o si rifiuti di prestare i
soccorsi dell'arte e tutta la debita assistenza a chi ne ha l'uopo , è punito colla multa da 50 a 200 lire,
salva la maggiore responsabiltà penale, quando il ritardo o il rifiuto del soccorso apportasse
all'infermo la morte od altro grave danno, e così l' missione qui contemplata degenerasse in altro
reato.
Sez. III.
Della malversazione commessa dai funzionari pubblici.
247.- Qualunque esattore, amministratore o custode del pubblico denaro o di altri effetti mobili di
pubblica ragione, il quale distragga o sottragga il denaro o gli effetti che sono in sua mano per
ragione del proprio ufficio, è punito in proporzione dell'entità della distrazione o sottrazione nel
modo seguente:
1°) se la medesima non supera il valore di 250 lire, colla prigionia da uno a tre anni e coll'ammenda
da 50 a 100 lire;
2°) sopra 250 lire fino a 750, colla prigionia da tre a cinque anni e coll'ammenda da 150 a 200 lire;
3°) sopra 750 fino a 1250 lire, colla prigionia da cinque a sette anni;
4°) sopra 1250 lire fino a 5000 lire, colla prigionia da sette a dieci anni e coll'ammenda da 200 a
300 lire,
5°) sopra le 5000 lire fino a qualunque somma, colla prigionia da dieci a quindici anni e
coll'ammenda da 300 a 500 lire.
248.- Alle stesse pene comminate nell'articolo preced nte vanno soggetti quei pubblici funzionari,
che distraggono o sottraggono danaro od altri effetti mobili, che siano stati loro affidati per natura
del proprio ufficio o in forza di disposizione legislativa, ancorchè il danaro o gli altri effetti siano di
privata ragione.
249.- Se il misfatto contemplato nei precedenti articoli di questa sezione venga commesso da un
funzionario pubblico, che abbia prestato cauzione, qualora la somma distratta o sottratta non ecceda
i limiti della cauzione prestata, il colpevole è punito colla interdizione dall'esercizio della carica d
uno tre anni e colla multa da 100 a 150 lire.
Se la somma distratta o sottratta eccede i limiti della prestata cauzione, il colpevole è punito a
norma dell'Art.1 della presente sezione; ma nel determinare l'ammontare del valore per
proporzionarvi la pena, si ha riguardo soltanto a ciò che eccede i limiti della prestata cauzione.
Sez. IV.
Dei reati che si commettono sopra documenti, od altre carte di qualsiasi officio, o sopra suggelli, o
cose sequestrate, o sopra lettere, o pieghi affidati all posta.
250.- La dispersione, o sottrazione, o distruzione, mutilazione di documenti, di carte, di registri, di
protocolli, di atti o documenti di un processo civile, di atti o documenti di un processo criminale già
esaurito, di pergamene, di mappe, di memorie, di libri, o di qualunque altro oggetto non suscettivo
di pecuniaria valutazione depositati nei pubblici ar hivi, o nelle cancellerie, o nella biblioteca, o in
qualunque altro pubblico ufficio, ovvero affidati ai funzionari pubblici per ragione della propria
carica, quando è commessa da quegli stessi funzionari pubblici, che sono in obbligo di custodirli, è
punita colla prigionia da sei mesi ad un anno e colla multa da 200 a 300 lire, le quali pene potranno
essere diminuite di uno, o di due, od anche di tre gradi in ragione della minore importanza
dell'oggetto di sperso, o sottratto, o distrutto, o mutilato.
251.- La dispersione, o sottrazione, o distruzione, mutilazione di atti o documenti di un processo
criminale non per anco esaurito, quando è commessa dai funzionari pubblici, che sono incaricati
della redazione e della custodia di esso, è punita coll prigionia da un anno a tre e coll'ammenda da
300 a 500 lire, le quali pene potranno essere diminuite da uno a quattro gradi in ragione della
minore importanza dell'atto o documento disperso o ttratto, o distrutto, o mutilato.
252.- La infrazione di sigillo apposto da una pubblica autorità per la conservazione o per
l'assicurazione della identità di un oggetto, come pure la infrazione del sigillo apposto ad un
testamento segreto, quando è commessa dai funzionari pubblici, che ne hanno la custodia, è punita
colla prigionia da sei mesi ad un anno, e coll'ammenda da 50 al 100 lire.
253.- Se il sigillo era stato apposto da una pubblica autorità sopra carte, strumenti, o documenti
relativi alla causa di un imputato di reato colpito da pena di settima, di sesta o di quinta categoria, la
infrazione del medesimo è punita colla prigionia da tre a cinque anni e coll'ammenda da 300 a 500
lire.
254.- La dispersione, o sottrazione, o distruzione, mutilazione di oggetti posti sotto legale
sequestro, quando è commessa da pubblici funzionari, che ne hanno la custodia, è punita colle pene
stabilite nel primo articolo di questa Sezione.
255.- In tutti i casi degli articoli precedenti di questa Sezione, l'impiegato delinquente incorre anche
nell'interdizione dai pubblici impieghi da uno a tre anni.
256.- Per gli effetti dell'Art. 254 la legge riguard come funzionari pubblici anche i custodi degli
oggetti assicurati ed i sequestratari giudiziali, quando pure fossero custodi e sequestratari giudiziali i
padroni stessi degli oggetti.
257.- L'apertura di una lettera o di un piego, muniti di suggello ed affidati alla posta, ovvero la
dispersione, o sottrazione, o distruzione o mutilazione di una lettera, o di un piego in tal modo
affidati, siano muniti o no di sigillo, quando è commessa da un impiegato addetto all'ufficio postale,
o dal postiglione, o da qualunque individuo che ne faccia le veci, è punita coll'interdizione
dall'esercizio dell'impiego da tre a sei mesi e colla multa da 50 a 100 lire.
258.- Qualora si tratti di lettera o di piego officialmente affidato da una pubblica autorità di uno
Stato , ovvero officialmente spedito da una pubblica autorità di uno Stato, si applica la pena della
prigionia da sei mesi ad un anno e l'ammenda da 100 a 150 lire.
Sez. V.
Della ingerenza dei pubblici funzionari in negoziazione incompatibili colla carica.
259.- Qualora il pubblico funzionario incaricato di presiedere all'aggiudicazione di un appalto o di
una fornitura o di altra consimile negoziazione, ne assuma in tutto o in parte la interessenza sia
direttamente sia per interposta persona, incorre nella multa da 300 a 500 lire.
Sez. VI.
Della concussione e della estorsione.
260.- Qualunque impiegato pubblico, il quale scientemente sotto qualunque titolo esige o fa esigere
a danno dei privati un pagamento indebito od una somma maggiore di quella stabilita dalla legge, è
reo di concussione, e va soggetto alla prigionia da sei mesi ad un anno congiunta ad una ammenda
pari al duplo o al quadruplo della somma indebitamente percetta, le quali pene si applicano anche a
colui, che ne fu scientemente l'immediato percettor.
261.- Qualora il delitto contemplato nel precedente ar icolo si commetta da un privato, simulando di
avere una qualsiasi pubblica rappresentanza, la pen ivi stabilita si applica nel suo massimo.
262.- Ove la concussione assuma i caratteri di estorsione per essersi fatto uso di minacce o di
qualsiasi mezzo atto ad inferire timore, viene punita colla prigionia da cinque a sette anni congiunta
all'ammenda di 100 a 150 lire.
Cap. V.
Dei misfatti dei privati contro la retta amministrazione della Repubblica.
Sez.I.
Della supplica e della petizione a mano armata, o in turba.
263.- Chiunque, nel rassegnare vocalmente o in iscritto una supplica o una petizione ad una
pubblica autorità, se le presenti nella mira d'imporre, munito di arma apparente, è punito con un
mese a tre di prigionia.
264.- Se il delitto contemplato nel precedente articolo venga commesso da piu' persone in numero
maggiore di tre riunite allo scopo d'imporre, la pena di prigionia ascende alla latitudine da tre mesi a
sei congiunta all'ammenda da 50 a 100 lire, ancorchè una sola delle persone riunite fosse munita di
arma.
265.- Se piu' persone riunite dimandino anche dalle pubbliche vie con voci clamorose, o
tumultuariamente un provvedimento qualunque da una p bblica autorità, incorrono nella pena da tre
a sei mesi di prigionia, la quale si applica nel suo massimo contro il principale istigatore del reato.
Sez. II.
Delle minacce contro la pubblica autorità.
266.- Chiunque per mezzo di minaccia o di violenza costringa o tenti di costringere un pubblico
funzionario a fare o non fare un atto del proprio mnistero, è punito col secondo, o col terzo , o col
quarto grado della prigionia, giusta l'importanza dell'atto che si voleva estorcere o si estorse, e
giusta la maggiore o minore dignità del funzionario, a cui si fece oltraggio con minaccia o violenza.
(3)
267.- Se il misfatto, di cui nell'articolo precedente, venga commesso da una riunione d'individui
maggiore di tre, ciascuno è punito col terzo o col quarto gradi della prigionia a tenore delle
circostanze enunciate nell'articolo precedente.
Sez. III.
Dell'impedimento all'esecuzione di una legge, o di un decreto, o di una sentenza, o di una
ordinanza.
268.- Ogni resistenza mediante minaccia, o violenza, o via di fatto allo scopo d'impedire la
esecuzione di una legge, o di un decreto del Consiglio Sovrano, o di una sentenza, ordinanza, od
altro atto qualunque degli esercenti il potere giudiziario o di altra legittima autorità, si punisce colla
prigionia da un anno a tre.
269.- Se il misfatto, di cui nell'articolo antecedente, venga commesso da piu' persone riunite in
numero maggiore di due, e se tra le persone riunite siavi alcuno munito di arma , si applica il sesto,
od il settimo grado della prigionia, giusta il concrso di una sola o di ambedue queste circostanze
aggravanti.
Sez. IV.
Di alcuni detti o fatti contrari al rispetto dovuto al principio di autorità.
270.- E' punito, giusta l'importanza del caso, o colla prigionia da uno a tre mesi, o colla multa da 20
a 50 lire chiunque al pubblicarsi di una legge o diun decreto del Consiglio Sovrano o di un decreto
della Reggenza o di una sentenza od ordinanza degli esercenti il potere giudiziario, o di qualunque
Autorità costituita, prorompa pubblicamente in invetti , od ingiurie, od altro atto suscettivo di
diminuire la riverenza dovuta alla Sovranità, o all'Autorità pubblica.
Sez. V.
Della ragione fattasi di propria autorità.
271.- Chiunque nell'intenzione di esercitare un proprio diritto, sia o no sia fondato o legittimo, di
propria autorità costringa taluno al pagamento di un debito, o alla soddisfazione di un'obbligazione
qualunque, o s'impossessi arbitrariamente delle cosdel vero o supposto debitore per mettere in
sicuro il proprio credito, o rompa o demolisca un manufatto, o rimova, o alteri i termini o confini
della proprietà, o devii il corso delle acque, o atterri, o guasti alberi, siepi, ripari o cose simili, o
turbi in qualsivoglia altro modo l'altrui possesso, è punito colla prigionia da uno a tre mesi e
coll'ammenda da 20 a 50 lire, salva la pena maggiore, qualora le circostanze del fatto lo facessero
degenerare in altro reato ( V. art. 32 e 174Cod. proc. pen.)
TITOLO III.
Dei misfatti che si oppongono alla retta amministrazione della giustizia.
Cap. I.
Dei misfatti tendenti a contrariare l'opera della giustizia.
Sez. I.
Della sottrazione di un elemento di prova alla giustizia repressiva.
272.- Chi sottrae alla giustizia repressiva un elemnto di prova, occultando, o disperdendo, o
facendo in qualsivoglia altro modo disparire il soggetto materiale del reato, o le tracce da questo
lasciate, o gl'istrumenti che han servito a commetterlo, o una carta, o un documento, o qualsiasi
altro oggetto capace di somministrare elemento di prova sia del genere, sia della specie, è punito:
1°) colla prigionia da un mese a tre, e nei casi meno gravi, colla multa da 10 a 20 lire, se l'elemento
di prova sottratto alla giustizia repressiva si riferisca ad un reato colpito di pena di prima categoria;
2°) colla prigionia da tre a sei mesi, se l'elemento di prova sottratto alla giustizia repressiva si
riferisca ad un reato colpito di pena di seconda, o di terza categoria;
3°) colla prigione da sei mesi ad un anno, se l'elem nto di prova sottratto alla giustizia repressiva i
riferisca ad un reato colpito di pena di quarta, o di quinta categoria;
4°) colla prigionia da uno a tre anni, se l'elemento di prova sottratto alla giustizia repressiva si
riferisca ad un reato colpito di pena di sesta, o di settima categoria.
273.- Se il misfatto contemplato nell'articolo precedente venga commesso da un impiegato addetto
all'ufficio della giustizia repressiva, le pene statuite nello stesso articolo sono aumentate di un
grado.
274.- Se il delitto contemplato nella presente Sezione ridonda a danno dell'imputato, sia rendendo
piu' difficile la prova della di lui innocenza, sia f cendo mancare un elemento di prova, atto a
dimostrare una circostanza attenuante o scusante, le p ne suindicate sono applicate nel loro
massimo.
Sez. II.
Del difetto di rapporto o di denuncia ufficiale di un reato.
275.- Chiunque a termini del Codice di procedura penale sia tenuto ad inoltrare rapporto ufficiale, o
denuncia ufficiale di un reato avvenuto, ed entro lo spazio di ore ventiquattro dall'avutane
cognizione non compia questo dovere, è punito , secondo la importanza del caso, colla prigionia da
tre a sei mesi, o colla multa da 50 a 100 lire.
276.- Alle stesse pene soggiace il medico, il chirurgo, il flebotomo, la levatrice ed in generale ogni
ufficiale di sanità, il quale chiamato a prestare i soccorsi dell'arte ad una persona ferita, percossa
travagliata da malattia, la cui origine possa presumersi derivata da un reato, non ne dia
partecipazione all'Autorità competente entro lo spazio di ore ventiquattro a contare dalla prima
visita.
Sez. III.
Della contumacia e della reticenza dei periti, dei testimoni e delle parti.
277.- Chiunque formalmente citato a comparire al cospetto di una Autorità giudiziaria o di
qualunque altra Autorità costituita sia come parte in giudizio criminale, sia come perito, sia come
testimone in qualunque specie di giudizio, si renda contumace, oltre all'essere tradotto dalla forza
pubblica al cospetto dell'Autorità richiedente in vrtu' di un mandato di accompagnamento rilasciato
dalla stessa Autorità, è punito secondo l'importanza del caso, o colla prigionia da cinque giorni ad
un mese, o colla multa da 5 a 10 lire.
278.- Se un perito, od un testimonio, dopo essersi pre entato, o dopo essere stato tradotto davanti
una Autorità giudiziaria, od altra Autorità costituita, ricusi di giurare nei casi, in cui la legge
autorizza a deferire il giuramento, o si rifiuti di rispondere alle domande, è punito secondo la
importanza del caso o colla prigionia da sei mesi ad un anno congiunta all'ammenda da 50 a 100
lire, o colla prigionia da un mese a tre congiunta all' mmenda da 20 a 50 lire. ( V. art. 174 Cod.
proc. pen.)
279.- I colpevoli enunciati nei due precedenti articoli vanno inoltre soggetti alla rifazione di quelle
spese processuali e al risarcimento di quei danni, che fossero derivati dalla contumacia o dalla
reticenza del perito, del testimonio o della parte.
Sez. IV.
Dell'impedimento all'esecuzione di un mandato di cattur , della esimizione e della evasione dalla
casa di custodia o di pena.
280.- Chiunque con minaccia, violenza o via di fatto impedisca l'esecuzione di un mandato di
cattura, oppure esima sè stesso od altri dalle manidella forza arrestante, ovvero commetta violenta
effrazione della casa di custodia o di pena, è punito colla prigionia da tre a cinque anni.
281.- Se il delitto contemplato nel precedente articolo venga commesso dal coniuge dalla persona
da catturarsi, o catturata, o detenuta, ovvero dai discendenti, dagli ascendenti, dai fratelli, o dalle
sorelle, o dagli affini nei medesimi gradi della suddetta persona, la pena ivi stabilita è diminuita d
uno o due gradi.
282.- Chiunque senza attacco o resistenza od altra via di fatto impedisca la esecuzione di un
mandato di cattura spedito contro un individuo per qualsivoglia causa, è punito colla prigionia da un
mese a tre.
283.- Chiunque senza attacco o resistenza o violenta effrazione esima o faccia evadere un individuo
legalmente catturato per debito civile, o per prevenzione politica, è punito colla prigionia da un
mese a tre.
284.- Chiunque senz'attacco o resistenza nè violenta effrazione esima, o faccia evadere un individuo
legalmente catturato, o detenuto per il titolo criminale, è punito con pena equivalente al sesto di
quella, cui sarebbe andata soggetta la persona esimita od evasa.
Se i delitti contemplati nella presente Sezione siano stati accompagnati da attacco, resistenza o
violenta effrazione, e la persona esimita od evasa sia catturata o detenuta per debito civile o per
prevenzione politica, il colpevole incorre nella pena di prigionia da uno a tre anni.
E se la persona esimita od evasa era catturata o detenuta per titolo criminale, il colpevole incorre
nella pena equivalente al quarto di quella propria del delitto, di cui era imputata la persona esimita
od evasa.
285.-I carcerieri, gli agenti della pubblica forza ed ogni altra persona incaricata di catturare,
accompagnare, trasportare o custodire i catturati o i detenuti per titoli di qualsiasi criminale
imputazione, se danno luogo alla loro fuga, o mediante connivenza ne agevolano la esimizione,
incorrono in una pena equivalente alla metà di quella, cui sarebbe andato soggetto il catturato, o
detenuto esimito.
286.- Per misurare la pena dovuta agli esimitori per gli effetti dei due precedenti articoli, se trattasi
di un condannato si calcola la pena residuale che dovrebbe soffrire; e, se trattasi di un imputato per
titolo criminale si calcola la pena propria del delitto di cui è imputato, senz'attendere il giudizio, che
fosse in seguito per proferirsi contro il medesimo, nè molto meno la probabilità che egli possa
essere assoluto.
Se la persona evasa od esimita era condannata a pena perpetua, la proporzione della pena stabilita
dai due precedenti articoli si desume dalla durata presumibile della vita della persona suddetta
giusta l'età legale statuita dal diritto civile.
Cap. II.
Dei misfatti tendenti ad indurre in inganno la giustizia.
Sez. I.
Della calunnia.
287.- E' reo di calunnia chiunque quereli o denunci alcuno come colpevole di un reato nella scienza
che la persona querelata, o denunciata ne sia innoce te, ancorchè si tratti di denuncia ufficiale, o di
officiale rapporto.
288.- E' reo di calunnia anche colui, il quale nella mira di far comparire un individuo colpevole di
un reato riponga o in casa , o sulla persona di lui, o in altro luogo idoneo al fine, qualunque oggetto,
la cui ritenzione costituisca un reato, o dal quale derivar possa un indizio di reità.
289.- il calunniatore è punito:
1°) colla prigionia da uno a tre mesi, se il reato che forma l'oggetto della querela o denuncia importi
una pena di prima o seconda categoria;
2°) colla prigione da sei mesi ad un anno, se il reato che forma l'oggetto dalla querela o della
denuncia importi una pena di terza, o di quarta categoria;
3°) colla prigionia da tre anni a cinque, se il reato che forma l'oggetto della querela o denuncia,
importi la pena di quinta, o di sesta, o di estrema categoria.
290.- Qualora il calunniatore si renda altresì colpevole di subordinazione di testimoni o seguita, o
tentata, o di qualsiasi titolo di falso per sostener la calunnia, si applica la pena propria del reato
maggiore aumentato di un grado.
291.- Se in forza dei delitti contemplati nella segu nte Sezione, avvenne la condanna di un
innocente, la quale sia stata in tutto od in parte eseguita, il colpevole soggiace alla stessa condanna
proferita contro l'innocente, semprechè questa sia maggiore della pena rispettivamente statuita negli
articoli della presente
Sez. II.
Della falsa testimonianza nei giudizi civili o penali.
02;442;17
2
Art. 292. E' reo di falsa testimonianza nel giudizio civile o penale quel testimonio, o quel
perito, il quale nella sua deposizione fatta vocalmente, o per iscritto, dichiara il falso, o
nasconde in tutto, o in parte il vero, purchè la falsa deposizione abbia connessione colla
giudiziale vertenza, e sia suscettibile d'influire in qualsiasi modo nella risoluzione delle
questioni relative.
293.- Il falso testimone in materia civile è punito in ragione della rilevanza della causa colla
prigionia da sei mesi a tre anni.
294.- Lo spergiuro commesso nel rispondere al giuramento deferito dal giudice ex officio è punito
colla pena di prigionia da sei mesi a tre anni.
295.- Alla stessa pena è soggetto lo spergiuro commesso nel rispondere al giuramento decisorio o
deferito, o riferito.
296.- Il falso testimone in materia penale è punito:
1°) colla prigionia da uno a tre anni, se la deposizi ne intervenga in un giudizio per reato che
importi pena di prima, o seconda categoria;
2°) colla prigionia da tre a cinque anni, se la deposizione intervenga in un giudizio per reato che
importi la pena di terza, o di quarta categoria;
3°) coi lavori pubblici da cinque a sette anni, se la deposizione intervenga in un giudizio, che
importi la pena di quinta, o di sesta, o di estrema categoria.
297.- Quando però la falsa testimonianza emessa in aggravio dell'imputato abbia portato la di lui
condanna ad una pena maggiore di quella statuita pel f lso testimone nell'articolo precedente, e
questa sia stata in tutto o in parte eseguita, il flso testimonio soggiace alla stessa pena pronunciata
contro l'imputato.
298.- Quando la falsa testimonianza in un giudizio cr minale tende a togliere, o a diminuire la pena
dell'imputato, le pene stabilite contro il falso testimonio sono diminuite di un grado.
299.- E' punito come falso testimone in materia civile o penale chiunque abbia subornato, o istruito
un falso testimone, oppure lo produca in giudizio, nella scienza che deporrà il falso.
300.- Se la falsa testimonianza in materia civile o penale apparisca fatta per evitare un giudizio
penale, che avrebbe potuto suscitare contro lo stesso t timone, o contro un di lui ascendente o
discendente, o contro il di lui coniuge, o un di lui fratello, od una sorella, od un affine nello steso
grado la pena viene diminuita di uno o due gradi.
Sez. III.
Disposizioni relative alla ritrattazione che venga emessa dal calunniatore o dal falso testimonio.
301.- Il calunniatore ed il falso testimone in materi civile o penale non sono imputabili, se si
ritrattano prima di ritirarsi dal cospetto dell'Autorità, davanti alla quale hanno deposto.
302.- Se il calunniatore si ritratta dopo essersi ritirato dal cospetto dell'Autorità, avanti cui ha
deposto, ma durante la istruzione del processo, gli viene diminuita la pena di due o tre gradi; e, se si
ritratta dopo la istruzione del processo ma in tempo utile sì che la sua ritrattazione possa prendersi a
calcolo nel giudizio da emanarsi, gli viene diminuita la pena di due gradi.
303.- Se il testimonio in giudizio criminale, dopo aver emesso una falsa testimonianza nel processo
informativo, la ritratta nel rispettivo o confrontativo, verificandosi che la di lui ritrattazione sia
conforme alla verità, la pena nella quale sarebbe incorso per la falsità antecedente viene ridotta alla
prigionia da cinque giorni ad un mese.
Sez.IV.
Degli abusi dei carcerieri ed agenti della pubblica forza in opposizione al regolare andamento dei
processi.
304.- Ogni individuo della pubblica forza, il quale con minacce, lusinghe, promessa d'impunità od
altro modo subdolo, induca un detenuto a deporre in un determinato modo, è punito colla prigionia
da tre a sei mesi.
Se il detto reato venga commesso dal carceriere o da qualunque altro individuo incaricato della
custodia dei detenuti, il medesimo è punito o colla destituzione dall'impiego o colla multa da 50 a
100 lire.
305.- Il carceriere ed ogni altro incaricato della custodia dei detenuti, il quale senza espresso ordine
superiore permette che un individuo sottoposto a processo pongasi in colloquio con altro detenuto o
con qualsiasi persona, è punito giusta la sanzione ultima del precedente articolo.
Cap. III.
Degli abusi degli avvocati e dei procuratori legali.
306.- L'avvocato o il procuratore legale, il quale millantando credito, o aderenza, o influenza presso
un'Autorità giudiziaria faccia credere dipendere da lui il piegarla a favore di una parte, e al tempo
stesso riceva un premio per esercitare la millantat influenza, è punito colla prigionia da un mese a
tre, o colla multa da 50 a 100 lire.
307.- E se inoltre faccia credere falsamente che il premio carpito sia stato destinato a guadagnare
l'Autorità giudiziaria, è punito colla prigionia da uno a tre anni e coll'ammenda da 200 a 300 lire.
308.- L'avvocato o il procuratore legale, che pattuisce in ricompensa delle sue funzioni una parte
della cosa controversa o che si renda cessionario di liti, o di diritti litigiosi, anche per interposta
persona, è punito colla interdizione dallo esercizio del suo ministero da uno a tre anni, o colla multa
da 100 a 150 lire.
309.- L'avvocato o procuratore legale, che intralci l spedizione di una causa con evidenti
cavillazioni o raggiri, è punito con l'interdizione dallo esercizio del suo ministero da tre mesi a sei, o
colla multa da 50 a 100 lire.
310.- L'avvocato o il procuratore legale, che in una causa civile o penale è nominato difensore di
ufficio e rifiuta il mandato senza legittimo motivo, è punito colla interdizione dall'esercizio del suo
ministero da uno a tre mesi o colla multa da 50 a 10 lire.
311.- L'avvocato o il procuratore legale, che dopo aver cominciato a sostenere la difesa di una parte
passa alla difesa della parte avversaria, è punito colla interdizione dallo esercizio del suo ministero
da tre a sei mesi, o colla multa da 100 a 150 lire.
312.- Le pene enunciate nell'articolo precedente si applicano aumentate di un grado contro
l'avvocato o il procuratore legale, che difende entrambe le parti contendenti in un giudizio civile
anche per interposta persona.
313.- L'avvocato o il procuratore legale, che favorisca in qualsivoglia guisa gl'interessi della parte
avversaria, è punito coll'interdizione dallo esercizio del suo ministero da sei mesi ad un anno e colla
multa da 150 a 200 lire.
314.- L'avvocato o il procuratore legale, che per cor uzione, per amore o per odio tradisca il suo
cliente, in guisa che per effetto del suo tradimento questi perda la causa, o decada da un legittimo
diritto, è punito colla interdizione dall'esercizio di tutti gl'impieghi pubblici, o pubbliche funzioni da
cinque a dieci anni e colla multa da 300 a 500 lire.
Cap. IV.
Degli abusi dell'avvocato o procuratore fiscale.
315.- L'avvocato o il procuratore fiscale il quale trascuri gli atti del proprio ministero protraendone
l'adempimento al di là dei termini stabiliti dal Regolamento di procedura penale, soggiace alla multa
da 100 a 150 lire.
Cap. V.
Degli abusi dei giudici ed impiegati giudiziari ed amministrativi.
Sez. I.
Della denegata giustizia.
316.- I giudici, che sotto qualsiasi pretesto, anche il silenzio, di oscurità, o d'insufficienza della
legge, si ricusino di esercitare un atto proprio del loro ministero, o di rendere giustizia ai richiedenti,
sono puniti coll'interdizione dallo esercizio della c rica da uno a tre mesi, o colla multa da 200 a
300 lire.
Sez. II.
Della prevaricazione dei giudici, magistrati ed impegati giudiziari e amministrativi.
317.- Il giudice, che per prezzo, dono od altra turpe pronunci la condanna di un innocente è punito
colla prigionia da cinque a sette anni.
Che se la condanna pronunciata contro l'innocente sup ri la pena comminata nel precedente
articolo, il giudice prevaricatore soggiace alla stes a pena che ha ingiustamente pronunciata contro
l'accusato.
318.- Il giudice che per prezzo, dono od altra causa t rpe, assolve ingiustamente l'imputato, è punito
colla prigionia da cinque a sette anni.
319.- Nei casi preveduti dai due precedenti articoli si aggiunge sempre contro il giudice
prevaricatore la condanna di perpetua inabilitazione agl'impieghi pubblici.
320.- Qualunque altra prevaricazione commessa, sia dal giudice, sia da qualunque magistrato, od
impiegato dell'ordine giudiziario, od amministrativo nell'esercizio delle proprie funzioni, commessa
per denaro od altra causa turpe, è punita colla prigionia da tre a cinque anni, e colla perpetua
inabilitazione agl'impieghi pubblici.
321.- I corruttori in qualsivoglia modo dei giudici, magistrati, od impiegati giudiziari, o
amministrativi sono considerati come correi dei deltti enunciati nella presente sezione e come tali
soggiacciono alle stesse pene sopra stabilite.
Sez.III.
Dei perturbatori delle udienze, e di coloro, che mancano al rispetto dovuto alle Autorità giudiziarie.
322.- Chiunque durante l'udienza di un giudice, o di un collegio giudiziario prorompa in parole od
atti di disapprovazione, o turbi in qualsiasi modo l'udienza, otre essere immediatamente espulso
dall'udienza per ordine del giudice, o presidente del collegio e per mezzo della pubblica forza, può
anch'essere in appresso condannato alla prigionia da tre a quindici giorni.
Le suddette disposizioni hanno luogo senza pregiudizio elle maggiori pene, a cui gli atti o le
parole, di cui sopra, dessero luogo come costituenti altro speciale reato.
TITOLO IV.
Dei misfatti contro la religione, e della violazione della subordinazione dovuta al Governo per parte
dei ministri della religione.
Cap. I.
Dei misfatti contro la religione. (4)
Sez. I.
Dell'ostacolo al libero esercizio del culto e della perturbazione delle cerimonie religiose.
323.- Chiunque mediante minaccia o violenza o via di f tto impedisca ad un individuo di praticare
gli atti di religione, o di assistere ad una cerimonia religiosa, o di osservare quelle festività o quei
giorni di riposo che sono dal cattolico culto stabiliti, è punito colla prigionia da un mese a tre o colla
multa da 50 a 100 lire, salva la pena maggiore, qualora il mezzo esercitato costituisca per sè stesso
un reato piu' grave.
324.- Chiunque impedisca, interrompa, o perturbi una cerimonia della religione cattolica romana
mediante minaccia, violenza od altra via di fatto, è punto colla prigionia da tre a sei mesi, o colla
multa da 100 a 150 lire, salva la pena maggiore, qualora il mezzo esercitato costituisce per se stesso
un reato piu' grave.
Sez. II
Di ogni altro insulto ad una cerimonia religiosa, e del vilipendio degli oggetti di culto.
325.- Chiunque con parole o con gesti ponga in derisione, o vilipenda in qualsivoglia modo una
cerimonia della religione cattolica romana, è punito colla prigionia da uno a tre mesi, o colla multa
da 50 a 100 lire, salva la pena maggiore, qualora il vilipendio degenerasse nella perturbazione
contemplata nell'articolo precedente, od in altro piu' grave reato.
326.- Chiunque infranga, o disperda, o percuota, o calpesti o contamini gli oggetti di culto della
religione cattolica romana esposti, o destinati alla pubblica venerazione, è punito, secondo la
importanza del caso, o colla prigionia da sei mesi ad un anno, o colla prigionia da tre a sei mesi
congiunta coll'ammenda da 50 a 100 lire, salva la pena maggiore, qualora il fatto degenerasse in
altro piu' grave reato per la specialità della cosa vilipesa.
Sez. III.
Della violazione delle sepolture e delle tombe.
327.- Chiunque si renda reo di violazione di una tomba, o di una sepoltura, e chiunque rechi insulto
ad un cadavere, è punito, secondo la importanza del caso, o colla prigionia da sei mesi ad un anno, o
colla da multa da 50 a 100 lire, salva la pena maggiore, qualora il fatto degenerasse in altro piu'
grave reato.
Sez. IV.
Dei misfatti in persona dei ministri del culto nell' sercizio delle loro funzioni.
328.- Ogni misfatto a danno di un ministro della religione cattolica romana commesso nell'atto che
questi esercita le sue funzioni, è punito coll'aumento di un grado alla pena stabilita dalla legge.
Sez. V.
Di alcuni speciali misfatti contro il rispetto dovuto alla religione dello Stato.
329.- La bestemmia, o qualunque altra ingiuria proferita alla presenza di due o piu' persone contro il
Santissimo nome di Dio, o della Vergine, o del Santo Fondatore della Repubblica, o di un altro
Santo, è punita colla prigionia da uno a tre mesi, avuto riguardo alla natura della bestemmia, o
dell'ingiuria, alla deliberazione dell'animo di chi proferisce, al luogo ed al tempo in cui viene
pronunciata, ed allo scandalo derivatone.
330.- L'oste, il bettoliere, il cantiniere, il caffettiere, il venditore di liquori al minuto, il tenitore di
giuco di bigliardo, o di altro giuoco qualunque, il quale tenga aperta al pubblico la sua bottega
durante la celebrazione delle sacre funzioni nelle domeniche, o negli altri giorni festivi di precetto, è
punito colla multa da 20 a 50 lire.
In caso di recidiva la multa si eleva da 50 a 100 lire.
In caso di seconda ed ulteriore recidiva si applica la multa da 50 a 100 lire, congiunta colla
interdizione dall'esercizio del mestiere da uno a qu ttro mesi.
Cap. II.
Della violazione della subordinazione dovuta al Governo per parte di ministri della religione.
331.- Il ministro della religione cattolica romana, il quale nell'esercizio delle sue funzioni dia
pubblicamente lettura, o pubblichi una lettera circolare, od un proclama, od una dichiarazione, o
nota qualunque, proveniente da un'estera Autorità di qualsivoglia ordine, o rango senza
l'autorizzazione in iscritto dei Reggenti la Repubblica, è punito colla multa da 50 a 100 lire.
Nella stessa pena incorre quel ministro della religione, il quale si ricusi di pubblicare un decreto, od
una notificazione od ordinanza del Governo.
332.- Il ministro della religione cattolica romana, il quale in una predica, od allocuzione, od in un
discorso qualunque pubblicamente pronunciato nell'es rcizio delle sue funzioni censuri od oltraggi
il Consiglio Sovrano, o la Suprema Reggenza, o qualche autorità investita di potere giudiziario, o
politico od amministrativo, ovvero censuri gli atti emanati dai surriferiti poteri, è punito con tre a sei
mesi di prigionia o colla multa da 200 a 300 lire, salva la pena maggiore, qualora il fatto
degenerasse in piu' grave reato.
TITOLO V.
Dei misfatti contro il pubblico costume. (5)
333.- Chiunque offenda il pubblico costume, sia col recare pubblico oltraggio all'altrui pudore, sia
coll'affiggere, esporre, o diffondere in qualunque g isa nel pubblico oscene opere scritte a mano, o
stampate, o laidate figure, sia coll'apporre, o scrivere in luogo di pubblico passaggio oscene parole o
figure, sia col trascorrere pubblicamente in qualsivoglia atto di scandalosa incontinenza, è punito
colla prigionia da uno a sei mesi, o colla multa da 20 a 100 lire.
334.- Colla pena statuita nel precedente articolo è punito ogni discorso osceno, o gesto indecente
pubblicamente fatto e suscettivo di produrre scandalo, come pure ogni canto osceno suscettivo dello
stesso effetto.
TITOLO IV.
Dei misfatti contro la salute pubblica.
Cap. I.
Dell'avvelenamento di commestibili, di bevande o di altre merci.
335.- Chiunque avveleni commestibili o bevande od altre merci di pubblico uso, o avveleni una
fonte pubblica od una pubblica cisterna od un pozzo pubblico, è punito per questo solo fatto coi
lavori pubblici da sette a dieci anni, salva la maggiore responsabilità penale per le conseguenze
derivatene.
336.- Chiunque spacci i commestibili o le bevande o l altre merci avvelenate, di cui nell'articolo
precedente è punito per questo solo fatto coi lavori pubblici da sette a dieci anni, salva la maggiore
responsabilità penale per le conseguenze derivatene.
337.- Alla stessa pena è soggetto lo speziale, il quale spacci medicinali non corrispondenti in
qualità, o in quantità alle mediche ordinazioni, quante volte per questo difetto di corrispondenza i
medicinali acquistano la proprietà di letiferi.
Cap. II.
Dello apprestamento per uso pubblico e dello spaccio di commestibili o di bevande o di altre merci
contenenti mescolanze notevoli alla salute.
338.- Chiunque appresti per uso pubblico commestibili o bevande medicinali od altre merci
contenenti mescolanze, che senza essere assolutamente venefiche siano o per indole loro, o pel fatto
della mistura piu' o meno notevoli alla umana salute, è punito per questo solo fatto colla prigionia
da sei mesi ad un anno e coll'ammenda da 100 a 150 lire.
339.- Alla stessa pena è soggetto chiunque contamini, per guisa da rendere piu' o meno notevoli alla
salute, o malsane, o impure, le acque di una fonte pubblica, o di una pubblica cisterna o di un pozzo
pubblico.
340.- Chiunque spacci i commestibili, o le bevande, o i medicinali, o le altre merci mentovati nel
primo articolo di questo capitolo, è punito per questo solo fatto colla prigionia da sei mesi ad un
anno e coll'ammenda da 200 a 300 lire.
341.- Lo speziale, il quale spacci medicinali non crrispondenti in qualità alle mediche ordinazioni,
è punito colla prigionia da tre mesi a sei e coll'ammenda da 50 a 100 lire.
Alle stesse pene è soggetto chiunque componga sostanze venefiche senza legittima autorizzazione,
salva la pena maggiore, qualora le dette sostanze ven fiche siano state spacciate.
Cap. III.
Dello spaccio di bevande insalubri, di carni od altri commestibili guasti, o corrotti, o non destinati
all'umano alimento.
342.- E' punito colla prigionia da uno a sei mesi o colla multa da 100 a 150 lire:
1°) lo spaccio di carni di animali non destinati all'umano alimento;
2°) lo spaccio di carni di animali destinati bensì all'umano alimento, ma o malsani, o morti da sè, o
fatti morire, perchè infetti;
3°) lo spaccio di carni di qualità inferiore per cani di qualità piu' pregevole;
4°) lo spaccio di qualsivoglia commestibile, o bevand guasti, corrotti, o con misture notevoli.
Cap. V.
Disposizioni relative alle materie, che tramandano nocive o fetide esalazioni.
343.- Chiunque nelle piazze, o nelle strade della città, o di altri luoghi abitati, o nei cortili, o recinti,
o qualsivoglia altro locale situato nella città, o in altri luoghi abitati, o nelle strade pubbliche di
campagna, ammassi, o gitti, o deponga o faccia scorrere materie, che tramandano nocive o fetide
esalazione, è punito colla multa da 10 a 20 lire, oltre l'obbligo di rimuovere incontanente le
mentovate materie.
Cap. V.
Speciali disposizioni relative ai cadaveri umani.
344.- Decorso il periodo di tempo, durante il quale le leggi od i regolamenti interdicono di sotterrare
i cadaveri umani, ogni indugio maggiore di ore tre nel sotterrare un cadavere umano è punito colla
multa da 50 a 100 lire, salvo il caso che il professore sanitario ordinasse un maggiore indugio.
345.- Alla stessa pena comminata nell'articolo preced nte è soggetto chiunque sotterri un cadavere
umano in luogo diverso, o con un metodo diverso da quello determinato dalle leggi, o dai
regolamenti, salva la pena maggiore, qualora il fatto costituisse altro grave reato.
Cap. VI.
Speciali disposizioni relative alle bestie morte.
346.- Ogni proprietario di una bestia morta per malattia è tenuto di eseguirne o farne eseguire il
sotterramento alla profondità di un metro almeno e alla distanza almeno di duecento passi dai
luoghi abitati sotto pena della multa da 20 a 150 lire.
347.- Se la bestia morta appartenga ad una specie, sulla quale domini in attualità una malattia
contagiosa, il proprietario è tenuto di eseguirne o farne eseguire la combustione entro il termine di
tre ore al piu' tardi dalla morte, e alla distanza almeno di duecento passi dai luoghi abitati, sotto
pena della multa da 150 a 200 lire.
TITOLO VII.
Dei misfatti contro la pubblica annona.
348.- Chiunque dopo avere accettato dal Governo l'icar co di dirigere o di fare l'incetta dei generi
per la pubblica annona, la trasandi, o la ritardi, qualora dalla sua omissione, o negligenza sia
derivato un danno qualunque al pubblico, è punito colla prigionia da uno a tre anni e coll'ammenda
da 100 a 150 lire.
349.- La vendita di commestibili e di ogni altro genere di annona, o di grascia a prezzo maggiore di
quello che è determinato dalla pubblica Autorità è punita colla multa da 20 a 50 lire.
350.- Il bottegaio ed ogni altro venditore, il quale nei giorni di pubblico mercato e nell'atto del
medesimo compra, allo scopo di rivenderli, commestibili di qualunque specie nelle ore in cui è
esposta la banderuola, indizio dell'interdetto, è punito colla multa da 10 a 20 lire, la quale nei casi
piu' gravi potrà essere aumentata da 20 a 50 lire.
E se la incetta dei generi si faccia allo scopo di rivenderli all'estero, viene applicata la multa da 50 a
100 lire, oltre la perdita del genere.
351.- Il bottegaio ed ogni altro rivenditore, che nei giorni di pubblico mercato si fa incontro a chi si
dirige nel luogo medesimo per vendervi generi commestibili, e fuori del luogo di pubblico mercato
compra alcuno di questi generi allo scopo di rivenderli, è punito colla multa da 20 a 50 lire.
E se la incetta dei generi contemplati in questo articolo facciasi allo scopo di rivenderli all'estero, si
applica la multa da 50 a 100 lire, oltre la perdita ei generi incettati.
352.- Chiunque, dopo la proibizione che venisse fatta dalla pubblica Autorità, estrae dallo Stato
oggetti di annona, o di grascia, od estrae i combustibili in contravvenzione al divieto di
esportazione, soggiace alla multa da 50 a 100 lire, salva l'applicazione della pena portata dall'editto
di divieto, qualora questa fosse maggiore della suespressa.
353.- Chiunque, ottenuta la licenza di estrarre grani od altre derrate da uno Stato estero per
introdurli nella Repubblica, ne faccia incetta e litrasporti altrove, è punito colla prigionia da tre
mesi ad un anno e coll'ammenda da 50 a 100 lire.
TITOLO VIII.
Dei misfatti contro il commercio pubblico e la libertà dei pubblici incanti.
Cap. I.
Dei misfatti contro il commercio pubblico.
354.- Chiunque nel comprare o nel vendere faccia uso di pesi, o di misure diversi da quelli stabiliti
ed approvati dalla pubblica Autorità, è punito per questo solo fatto colla multa da 10 a 20 lire, salva
la pena maggiore, qualora coll'uso di tali pesi o misure illegittimi abbia recato danno al compratore
o venditore.
355.- Chiunque, non ostante l'uso di pesi o di misure tabiliti ed approvati dalla pubblica Autorità,
adoperi nel comprare o nel vendere un mezzo o stratagemma fraudolento per trarne illegittimo
profitto, è punito colla multa da 50 a 100 lire.
356.- Qualunque colleganza fra i principali possessori di una medesima derrata o mercanzia,
tendente a non venderla, ovvero a venderla solamente a un dato prezzo, è punita o colla prigionia da
tre mesi a sei o colla multa da 50 a 100 lire.
357.- Qualunque frode commessa dagli orefici o dagli ar entieri, o da altri lavoratori o battitori di
materiali, pietre o altri oggetti preziosi, mediante sostituzione o falsificazione, od alterazione
qualsiasi, sia che una tale sostituzione o falsificazione, od alterazione abbia luogo sopra oggetti da
essi esposti in vendita, sia che abbia luogo sopra ggetti affidati loro per ragione del proprio
mestiere, è punita colla prigionia da sei mesi ad un anni e coll'ammenda da 100 a 300 lire.
358.- Il debitore, sopra i cui beni sia stato aperto il concorso, qualora si provi che la impossibilità di
soddisfare intieramente i suoi creditori sia derivata da dilapidazione fatta per alimentare i vizi, è
punito colla prigionia da tre mesi ad un anno, salva la pena maggiore nel suo caso di bancarotta
fraudolenta.
Cap. II.
Dei misfatti contro la libertà dei pubblici incanti.
359.- Chiunque, sia prima, sia nell'atto di un pubblico incanto, impedisca o turbi la libertà del
medesimo, o delle oblazioni, o allontani gli oblatori con qualunque mezzo violento o fraudolento, è
punito colla prigionia da uno a tre mesi e coll'ammenda da 50 a 100 lire, la quale nei casi piu' gravi
potrà essere aumentata sopra le 100 lire fino a 300, slava la pena maggiore, qualora il mezzo
impiegato costituisse per sè stesso un maggiore reato. (V. art. 174 Cod. proc. pen.)
TITOLO IX.
Dei misfatti contro la fede pubblica.
Cap. I.
Della falsa moneta.
Sez. I.
Della contraffazione.
360.- La fabbricazione, o la vendita di coni o di forme, o di macchine, o di altri strumenti
esclusivamente destinati a contraffare la moneta, è punita colla prigionia da sei mesi ad un anno e
coll'ammenda da 50 a 100 lire, salva la pena maggiore in caso di complicità nella contraffazione
della moneta.
361.- Chiunque scientemente ritenga alcuno degli strumenti enunciati nell'articolo precedente, è
punito colla prigionia da tre mesi a sei e coll'ammenda da 20 a 50 lire, salva la pena maggiore in
caso di complicità nella contraffazione della moneta.
362.- Chiunque contraffaccia monete aventi corso legale nello Stato è punito coi lavori pubblici da
tre a cinque anni e coll'ammenda da 100 a 300 lire.
363.- Chiunque introduca nello Stato monete contraffatte altrove, è punito per questo solo fatto
colla prigionia da uno a tre anni e coll'ammenda da 50 200 lire.
364.- Chiunque spenda nello Stato monete contraffatte è punito colla prigionia da tre a cinque anni
e coll'ammenda da 100 a 300 lire, senza distinzione se la contraffazione abbia avuto luogo nello
Stato o all'estero.
365.- Chiunque, avendo ricevuta per genuina una moneta falsa o adulterata ed avendone scoperto il
vizio, la spenda per genuina, è punito colla multa da 5 a 10 lire.
366.- Per gli effetti contemplati nella presente Sezione la moneta contraffatta non cessa di esser tale
per la circostanza che il suo valore intrinseco sia uguale od anche superiore a quello della moneta
genuina.
Sez. II.
Dell'alterazione.
367.- Chiunque alteri la moneta avente corso legale nello Stato, scemandone in qualunque modo il
valore e dando ad essa l'appartenenza di un valore piu' alto, è punito colla prigionia da sei mesi ad
un anno e coll'ammenda da 20 a 150 lire.
368.- Chiunque introduca nello Stato moneta alterata altrove, è punito per questo solo fatto colla
prigionia da tre a sei mesi e coll'ammenda da 20a 50 lire.
369.- Chiunque spenda nello Stato moneta alterata nel se so della presente Sezione, è punito colla
prigionia da sei mesi a tre anni e coll'ammenda da 20 100 lire, senza distinzione se l'alterazione
abbia avuto luogo nello Stato o all'estero.
Sez. III.
Valori equiparati alla moneta. (6)
369 bis - I disposti delle due precedenti Sezioni saranno applicabili alle carte, rappresentanti valori
metallici ed emesse da Governi o da Istituti da essi autorizzati all'emissione ed aventi corso legale o
commerciale nello Stato, o costituenti titoli negoziabili.
Cap. II.
Del contraffacimento del suggello della Reggenza o di altra pubblica Autorità.
370.- Chiunque contraffaccia il suggello della Reggenza, e chiunque faccia uso di questo strumento
contraffatto, è punito coi lavori pubblici da cinque a sette anni.
371.- Chiunque ritenga scientemente lo strumento contraffatto, di cui nell'articolo precedente, è
punito per la sola ritenzione colla prigionia da uno a tre anni.
372.- Chiunque, essendosi dolosamente procurato il vero suggello della Reggenza, ne faccia uso, è
punito colla prigionia a tre a cinque anni.
373.- Chiunque contraffaccia il suggello di qualsiasi altra pubblica Autorità o pubblico ufficio dello
Stato, e chiunque faccia uso di questo strumento contraffatto, è punto colla prigionia da cinque a
sette anni.
374.- Chiunque ritenga scientemente lo strumento contraffatto, di cui nell'articolo precedente, è
punito per la sola ritenzione colla prigionia da sei m si ad un anno.
375.- Chiunque, essendosi indebitamente procurato il vero suggello di qualunque pubblica Autorità
od ufficio, ne faccia uso, è punito colla prigionia d uno a tre anni.
376.- Chiunque contraffaccia l'istrumento destinato a fare la carta bollata, ovvero lo strumento
destinato a controllare i pesi, o le misure, o qualunque derrata da porsi in commercio, e chiunque
faccia uso di questo strumento contraffatto, è punito coi lavori pubblici da tre a cinque anni e
coll'ammenda da 50 a 100 lire.
377.- Chiunque ritenga scientemente lo strumento contraffatto, di cui nell'articolo precedente, è
punito per la sola ritenzione colla prigionia da sei m si ad un anno e coll'ammenda da 20 a 50 lire.
378.- Chiunque, essendosi dolosamente procurato il vero strumento destinato a contrassegnare la
carta bollata, od i pesi, o le misure, o qualunque altra derrata, ne faccia uso, è punito colla prigionia
da uno a tre anni e coll'ammenda da 50 a 100 lire.
379.- Lo spaccio della carta bollata furtivamente fatta, è punito colla prigionia da tre a cinque anni e
coll'ammenda da 150 a 200 lire, anche quando la formazione di essa abbia avuto luogo mediante
l'uso del vero strumento destinato dal Governo a contrassegnare la carta bollata.
380.- Qualora mediante i delitti contemplati nei primi sei articoli di questo capitolo si venga a
commettere un falso scritturale punito con pena piu' grave, questa sola viene applicata.
Cap. III.
Del falso nelle scritture.
Sez. I.
Del falso nelle scritture pubbliche.
381.- Il notaio ed ogni pubblico ufficiale, il quale in un atto proprio del suo ministero commetta un
falsità, dalla quale possa derivare un danno qualunque ad un cittadino, è punito coi lavori pubblici
da cinque a sette anni.
382.- Se la falsità contemplata nell'articolo precedente si commetta in un atto del Consiglio
Sovrano, o della Reggenza, si applica la pena dei lavori pubblici da sette a dieci anni.
383.- Se il delitto contemplato nei precedenti articoli venga commesso da un privato, che non ha la
pubblica fede od autorità, la pena è della prigionia da cinque a sette anni.
384.- Chiunque faccia uso scientemente degli atti fls contemplati nei tre precedenti articoli, è
punito colla prigionia da cinque a sette anni.
Sez. II.
Del falso nelle scritture private.
385.- Qualunque fraudolenta immutazione del vero commessa in una scrittura privata, che contenga
obbligazione, o liberazione, qualora dalla suddetta immutazione possa derivare un danno altrui, è
punita colla prigionia da tre a cinque anni.
386.- Se le conseguenze dei misfatti contemplati in questa e nella precedente sezione siano di
pochissima rilevanza, può il giudice o il Tribunale diminuire le pene stabilite, in modo però da non
discendere sotto il terzo di esse.
387.- Quando i misfatti contemplati nelle due sezioni di questo capitolo abbiano servito di mezzo ad
un piu' grave reato, si applica la sola pena propria di questo.
388.- Chiunque commetta falsità in un passaporto, sia mediante contraffazione, sia mediante
falsificazione, o alterazione di un passaporto vero, sia col mentire il nome, il cognome, o le qualità,
è punito colla prigionia da uno a tre anni.
389.- Alla stessa pena stabilita nell'articolo precedente è soggetto:
1°) ogni testimone, sull'asserzione del quale venga rilasciato un passaporto sotto mentito nome, o
cognome, o mentite qualità;
2°) chiunque faccia scientemente uso di un passaporto alterato nel senso del precedente articolo.
390.- E' punito colla prigionia da sei mesi ad un an o:
1°) chiunque cede altrui il passaporto proprio, o quello di un terzo, quantunque in tutte le sue pari
sincero ed inalterato;
2°) chiunque faccia uso di un passaporto altrui, quant nque in tutte le sue parti sincero ed inalterato,
in qualunque modo ne sia divenuto possessore.
391.- Le disposizioni dei tre precedenti articoli si applicano anche al falso:
1°) nei fogli di via,
2°) nei permessi militari di assenza;
3°) nelle licenze di caccia;
4°) nelle licenze di delazione e di ritenzione di armi.
392.- Il medico, il chirurgo ed ogni altro funzionario sanitario, il quale rilasci un falso attestato di
malattia, o di altra indisposizione per esonerare un individuo da un pubblico servizio o da un
obbligo qualunque, è punito colla multa da 20 a 100 lire.
393.- Chiunque contraffaccia o falsifichi un attestato medico, o chirurgico, è punito colla prigionia
da sei mesi ad un anno, ed alla stessa pena è soggetto chiunque faccia uso scientemente del falso
attestato.
394.- Ogni individuo, che nel suo ministero riscuote la fede pubblica, qualora rilasci un falso
attestato di buona condotta morale o d'idoneità, o d'indigenza, o di disgrazie sofferte, o d'altro fatto,
che valga a richiamare la beneficenza del Governo, o dei privati sulla persona nominata
nell'attestato stesso, ovvero a procacciarle impiego o altro vantaggio, è punito colla multa da 20 a
100 lire.
395.- Chiunque contraffaccia o falsifichi un attestato della specie di quelli contemplati nel
precedente articolo, è punito colla prigionia da sei m si ad un anno.
396.- Alla stessa pena stabilita nell'articolo precedente è soggetto:
1°) ogni testimone, sul fondamento della cui asserzione venga rilasciato un falso attestato della
specie di quelli antecedentemente contemplati;
2°) chiunque ne faccia scientemente uso.
TITOLO X.
Dei misfatti contro la finanza pubblica.
397.- La introduzione nel territorio della Repubblica di qualsivoglia genere di Sovrana privativa in
frode dei diritti del pubblico Erario, o degli appaltatori dello Stato, è punita colla prigionia da tre
mesi ad un anno, o colla multa da 50 a 200 lire oltr la confisca del genere.
398.- La ritenzione di un genere di privativa procurato in frode dei diritti del Pubblico Erario, o
degli appaltatori dello Stato, è punita colla prigionia da uno a tre mesi, o colla multa da 50 a 100
lire, oltre la confisca del genere, salva la facoltà al giudice o tribunale di diminuire siffatta pena
qualora si tratti di modica quantità.
399.- Lo smercio di un genere di privativa procurato in frode dei diritti del pubblico Erario, o degli
appaltatori dello Stato, è punito colla prigionia da tre a sei mesi, o colla multa da 10 a 2000 lire,
oltre la confisca del genere, salva la facoltà di cui nel precedente articolo, qualora si tratti di modica
quantità.
TITOLO XI.
Dello abuso dell'altrui credulità.
400.- Chiunque, per estorcere una mercede od un premio od un pagamento qualunque, si spacci per
conoscitore dell'arte d'indovinare, o di pronosticare, o di spiegare i sogni, e chiunque cerchi
d'ingannare con qualsivoglia altra impostura la credulità del volgo, è punito colla prigionia da dieci
giorni ad un mese, salva la pena maggiore, qualora il fatto degenerasse in truffa.(V. art. 174 Cod.
proc. pen.).
TITOLO XII.
Degli atti suscettivi di turbare la calma o la quiete pubblica.
401.- Chiunque, diffondendo false voci di pubblico disastro, o pericolo, o sonando la campana a
stormo come segnale d'incendio o di altra calamità, che non esiste, o facendo strepiti, o schiamazzi,
od in qualunque altro modo, ingeneri spavento negli abitanti, o perturbi la quiete dei medesimi, è
punito colla prigionia da quindici giorni a tre mesi, o colla multa da 20 a 50 lire.
402.- Se il misfatto contemplato nel precedente articolo abbia luogo in tempo di notte, la pena in
esso articolo stabilita viene aumentata di un grado.
TITOLO XIII.
Degli abusi diretti ad usurpare la pubblica stima.
403.- Chiunque si attribuisca falsamente un titolo di nore, o di dignità civile o militare, che non gli
compete, sia portandone distintivi, sia con intitolarsi tale quale non è, e chiunque senza
l'autorizzazione del Consiglio Sovrano indossi un distintivo di onore civile o militare, conferitogli
da un Governo estero, è punito colla multa da 20 a 1 0 lire.
TITOLO XIV.
Dei misfatti che ledono il vincolo sociale di mutuo s ccorso e di reciproca assistenza.
404.- Chiunque in caso di tumulto, o di devastazione, o di depredazione, o d'inondazione, o
d'incendio, o di ruina, o di pericolo personale di un individuo, o di altra calamità, dietro richiesta
fattagli, ritardi o si rifiuti di prestare aiuto, o soccorso, od assistenza mentre il potrebbe senza alcun
pericolo, è punito colla prigionia da dieci giorni ad un mese e colla multa da 20a 50 lire.
405.- Chiunque senza legittimo impedimento ritardi, o si rifiuti di locare l'opera sua, o di prestare un
servigio richiestogli da una pubblica Autorità, o dai capi della forza pubblica per una pubblica
bisogna, è punito colla multa da 10 a 50 lire, salve le pene maggiori, che fossero comminate da altre
speciali disposizioni.
Terza classe di misfatti.
Dei misfatti che ledono immediatamente la famiglia
TITOLO I.
Dei misfatti che ledono la legalità del contratto di matrimonio.
406.- Il coniuge, che abbia all'altro coniuge occultato un impedimento al matrimonio del novero dei
dirimenti, è punito colla prigionia da sei mesi ad un anno.
407.- Il matrimonio per sorpresa è punito colla prigionia da uno a tre mesi tanto in ciascuno dei
coniugi quanto in ciascuno dei testimoni, che assistettero spontaneamente alla espressione del
consenso.
TITOLO II.
Dei misfatti che ledono il buon ordine del matrimonio.
Cap. I.
Della poligamia.
408.- Sussistente un matrimonio, chiunque dei coniugi ne contragga un secondo, è punito colla
prigionia da tre a cinque anni. La stessa pena si appl c a coloro che, consci dell'esistenza del primo
matrimonio, concorrono come testimoni nell'atto chesi contrae il secondo.
Alla medesima pena va soggetta quella persona non coniugata, che scientemente si lega in
matrimonio con una persona coniugata.
Cap. II.
Dell'adulterio e del concubinato.
409.- La moglie che commetta adulterio è punita colla prigionia da uno a tre anni.
Alla stessa pena è soggetto il correo della moglie adultera, il quale non ignori che la medesima è
coniugata. (V. art. 32 Cod. proc. pen.)
410.- Il marito, che mantenga una concubina nella casa coniugale, è punito colla prigionia da uno a
tre anni. Si ha per casa coniugale quella, che è domicilio abituale dei coniugi, ancorchè la moglie ne
sia temporaneamente assente.
La concubina è punita colla prigionia da sei mesi ad un anno, quando però sappia che l'uomo, nella
cui casa vien mantenuta, sia coniugato.
411.- Il marito non può querelarsi dell'adulterio commesso dalla moglie:
1°) quando essi trovisi nel caso preveduto dal preced nte articolo;
2°) quando abbia abbandonato la moglie, e questa per effetto dell'abbandono siasi trovata in
istringente povertà.
412.- Quando di delitti contemplati nel presente Capitolo avvengono per connivenza, o consenso di
quelli che avrebbero interesse a querelarsene, e quando l'adulterio della moglie non può essere
denunziato dal marito in virtu' del precedente articolo, tanto il rappresentante il Pubblico Ministero,
quanto il capo della forza politica hanno diritto di promuovere l'accusa in giudizio per sopprimere lo
scandalo, e far punire i delinquenti.
Cap. III.
Della prostituzione e della corrutela eccitata, o favorita, o agevolata nel seno della famiglia.
413.- I genitori e tutti gli altri ascendenti, i tutori, le persone di servizio, ed in generale ogni
individuo incaricato della educazione, o della istruzione, o della direzione, o della vigilanza dei
giovani minori di anni ventuno, sì dell'uno come dell'altro sesso, qualora ne eccitino, o ne
favoriscano, o ne agevolino la prostituzione, o la corrutela, sono puniti colla prigionia da uno a tre
anni, e colla interdizione dall'esercizio di tutti gl' mpieghi pubblici, o pubbliche funzioni per la
durata da cinque a venti anni.
414.- Alle pene medesime soggiace il marito che ecciti, o favorisca, o agevoli la prostituzione della
propria moglie.
419.(*)- Oltre le pene menzionate nell'articolo primo di questo capitolo, i genitori e tutti gli altri
ascendenti incorrono pel delitto ivi contemplato nella perdita di tutti i diritti, che loro attribuisce la
patria potestà sulla persona e sui beni dei figli, o altri discendenti, alla cui tutela provvederà
l'autorità pubblica.
TITOLO III.
Dei misfatti che ledono l'onore della famiglia.
Cap. I.
Dello stupro semplice, o accompagnato da promessa di m trimonio.
416.- Lo stupro semplice è punito colla prigionia da uno a tre anni, quando il reo non doti o non
isposi la stuprata. (V.art. 32 Cod.proc.pen.)
417.- Lo stupro qualificato per promessa di matrimonio, che apparisca da scrittura, o da prova
legale, qualora il promittente non voglia, o non possa adempirla, è punito colla prigionia da uno a
tre anni ed inoltre il colpevole è condannato al pagamento della dote. (V.art. 32 Cod. proc.pen.)
Cap. II.
Dello stupro violento e di ogni altro atto violento di libidine.
418.- Lo stupro violento è punito:
1°) colla prigionia da cinque a sette anni, se avviene in femmina libera;
2°) coi lavori pubblici da cinque a sette anni, se contro natura in qualunque persona dell'uno o
dell'altro sesso.
419.- L'adulterio violento commesso in donna coniugata, da colpevole conosciuta per tale, è punito
coi lavori pubblici da cinque a sette anni. Che se il colpevole ignorava lo stato coniugale della
donna, è punito colla prigionia da cinque a sette anni.
420.- Qualunque violento oltraggio al pudore, qualora non sia soggetto a pena piu' grave come
conato di stupro violento, o di adulterio violento, è punito colla prigionia da sei mesi ad un anno.
421.-Se lo stupro violento si commette in persona di una pubblica meretrice, è punito colla prigionia
da uno a tre anni, qualora si commetta contro natura, è punito colla prigionia da tre anni a cinque.
422.- Lo stupro e qualunque altro atto di libidine è sempre considerato e punito dalla legge come
violento:
1°) quando il paziente non abbia ancora compiuto gli anni dodici;
2°) quando l'agente conosca che il paziente trovasi fuori dell'uso dei sensi, o privo di conoscenza di
quel che fa, sia per artificio adoperato dallo stesso agente, sia per altra causa qualunque;
3°) quando sia commesso da rapinatore sulla persona apit nei casi di ratto contemplati nel
seguente capitolo.
423.- Quante volte lo stupro violento o l'adulterio vi lento anche semplicemente tentato, o
l'oltraggio violento al pudore sia accompagnato da percossa, da ferita, o da altro misfatto contro la
persona che patisce l'azione, o contro chi trovasi in compagnia di questa, o contro chi accorre in
aiuto della medesima, la pena è aumentata di uno o piu' gradi, ferma però l'applicazione di quella
pena maggiore, che fosse propria del piu' grave misfatto concorrente.
424.- In caso di omicidio si applica la pena dei lavori pubblici a vita.
Cap. III.
Del ratto.
425.- Il ratto per fine di libidine è punito:
1°) colla prigionia da tre a cinque anni, se in femmina libera, od in femmina coniugata, dall'agente
non conosciuta per tale;
2°) colla prigionia da cinque a sette anni, se in femmina coniugata, dall'agente conosciuta per tale;
3°) colla prigionia da sette a dieci anni se in maschio.
426.- Il ratto per fine di matrimonio è punito colla prigionia da uno a tre anni.
427.- Il consenso della persona rapita nel seguire il rapitore non diminuisce le pene
antecedentemente statuite:
1°) Quando la persona rapita è coniugata o soggetta alla potestà paterna o tutoria;
2°) Quando l'agente abbia posto in opera qualche mezzo di seduzione o di frode.
Negli altri casi il detto consenso fa luogo alla diminuzione di un grado della pena stabilita.
428.- Quando nei delitti contemplati nel presente capitolo concorre percossa, o ferita, od altro
misfatto contro la persona passiva dell'azione, o contro chi trovasi in compagnia di questa, o contro
chi accorre in aiuto della medesima, la pena è aumentata di uno o di due gradi, salva sempre
l'applicazione della pena maggiore, qualora il reato concorrente la importi di per sè stesso.
In caso di omicidio si applica la pena dei lavori pubblici a vita.
429.- Quando il rapitore, senza aver abusato della p rsona rapita e senza aver commesso alcun altro
reato, la rimette spontaneamente in libertà ed in luogo sicuro, le pene antecedentemente stabilite
possono essere diminuite di due o tre gradi.
TITOLO IV.
Del rapimento di persona senza fine di libidine.
430.- Chiunque, senza fine di libidine, o di matrimonio rapisca, o in qualunque modo sottragga alla
famiglia una persona minore di anni ventuno, ancorchè consenziente, è punto colla prigionia da sei
mesi ad un anno.
Qualora inoltre la ritenga custodita od occultata per un tempo maggiore di giorni quindici, la pena
ascende alla prigionia da uno a tre anni.
Se la persona rapita, od occultata sia minore di anni dodici, la pena, nel primo caso di quest'articolo,
ascende alla prigionia da uno a tre anni, e nel secondo caso si estende alla latitudine da tre a cinque
anni.
Se alla persona rapita, od occultata vengono date percosse, o ferite, od usate sevizie, le pene proprie
di questi reati si aggiungono alle precedenti.
In caso di omicidio la pena è di lavori pubblici a vita.
TITOLO V.
Dei misfatti contro lo stato civile della prole.
431.- L'occultazione della prole, la sostituzione di una prole ad un altra e la supposizione di prole
soggiacciono alla pena di prigionia da tre a cinque anni.
TITOLO VI.
Dei misfatti che distruggono, o mettono in pericolo l'esistenza della prole.
Cap. I.
Del procurato aborto.
432.- E' reo di procurato aborto tanto colui che con alimenti, o con bevande, o con medicinali, o con
altro mezzo qualunque tolga la vita al feto nell'utero senza distinzione di periodi di gravidanza,
quanto colui che faccia eseguire lo sgravamento di un parto immaturo, il quale venga a morire in
conseguenza dell'abortivo mezzo adoperato.
433.- La donna, che abbia ella stessa fatto seguire in sua persona l'aborto, o che abbia acconsentito a
far uso del mezzo che ha prodotto l'aborto, è punita colla prigionia da cinque a sette anni.
Se la donna abbia commesso il misfatto per conservare la buona fama, occultando la gravidanza
illegittima, è punita colla prigionia da tre a cinque anni.
434.- Ogni altro individuo reo di procurato aborto, o reo di avere scientemente suggerito il mezzo,
che ha prodotto l'aborto, è punito colla prigionia da cinque a sette anni, senza distinzione se la
donna vi abbia o non vi abbia consentito.
Quando però dal mezzo adoperato, sia o non sia seguìto l'aborto, sia derivato alla donna grave
pericolo di vita, o permanente e grave pregiudizio all spirito o al corpo, il reo, di cui sopra, è
punito colla prigionia da sette a dieci anni.
E quando dal mezzo adoperato sia derivata la morte della donna, abbia o non abbia avuto luogo
l'aborto, è punito colla prigionia da dieci a quindici anni.
435.- Quando i misfatti contemplati in questo capitolo si commettono da un medico, o da un
chirurgo, o da un flebotomo, o da uno speziale, o da una levatrice, le pene ivi statuite sono
aumentate di un grado.
Cap. II.
Della uccisione di un infante recentemente nato.
436.- L'infanticidio, cioè la uccisione di un infante recentemente nato, fatta dal padre o dalla madre,
o da altri ascendenti, sia con mezzi positivi, sia con mezzi negativi, è punito colla prigione a vita.
437.- La uccisione di un infante recentemente nato fat a da persone diverse da quelle contemplate
nel precedente articolo, assume la caratteristica di omicidio premeditato, ed è punito come tale.
438.- La uccisione della prole non vitale da chiunque commessa è punita colla prigionia da uno a tre
anni. Qualunque altra lesione alla prole non vitale è punita colla prigionia da uno a tre mesi.
439.- Qualora l'infanticidio della prole vitale venga commesso dalla madre pel fine di conservare la
buona fama, la pena si riduce alla prigionia da dieci a quindici anni.
Cap. III.
Della esposizione di un infante, e dell'abbandono di un fanciullo minore di anni cinque, o di ogni
altro individuo impotente ad aiutarsi.
440.- Chiunque esponga un neonato in luogo remoto è punito colla prigionia da tre a cinque anni.
Se l'infante esposto muore, la pena antecedentement stabilita è aumentata di due gradi.
441.- Se l'esposizione si faccia in luogo, ove pel concorso de' passeggeri può presumersi che
l'infante venga raccolto e salvato, e siano state usate le cautele opportune a preservarlo da infortuni,
la pena dell'espositore è della prigionia da uno a tre nni, senza distinzione se l'infante sia perito o
no.
442.- La pena della esposizione d'infante è diminuita d'un grado, se l'autrice della medesima è la
madre, ed apparisca averlo fatto per conservare la buona fama, occultando l'illegittimo
concepimento.
443.- Chiunque, essendo obbligato di aver cura di un fanciullo dell'uno o dell'altro sesso minore di
anni cinque compiuti, o di un individuo di qualunque età impotente ad aiutarsi, lo abbandoni o lo
esponga, è punito colla prigionia da sei mesi ad un anno ; e se la persona abbandonata od esposta
perisce, la pena ascende alla prigionia da tre a cinque anni.
444.- Qualora in conseguenza del reato contemplato in questo capitolo, la persona esposta rimanga
contusa o ferita o storpiata o mutilata, si aggiunge alla pena della esposizione quella propria
dell'offesa personale risultatene, considerata peròcome meramente colposa.
445.- Chiunque, avendo trovato un bambino recentemente nato dell'uno o dell'altro sesso, ometta di
raccoglierlo e di presentarlo all'autorità pubblica, è punito colla prigionia da quindici giorni ad un
mese. (7)
Quarta classe di misfatti.
Dei misfatti che ledono immediatamente l'individuo
TITOLO I.
Dei misfatti contro la vita.
446.- L'omicidio premeditato è punito coi lavori pubblici a vita. Se non vi incorre la
premeditazione, è punito colla prigionia da venti a venticinque anni.
447.- Il parricidio è punito coi lavori pubblici a vita, anche nel caso che non vi incorra la
premeditazione.
Appellarsi parricidio l'omicidio commesso nella persona del padre o della madre o di qualunque
ascendente legittimo, o nella persona del padre naturale, che aveva già legalmente riconosciuto il
figlio uccisore, o della madre naturale, che aveva già riconosciuto legalmente il figlio uccisore.
448.- E' punito coi lavori pubblici a vita l'omicidio premeditato commesso nella persona del figlio, o
di qualunque discendente legittimo, o nella persona del figlio naturale legalmente riconosciuto , o
nella persona del fratello o della sorella germani, consanguinei od uterini, o nella persona del
coniuge.
Se non vi concorre la premeditazione, la pena è dei lavori pubblici da venti a venticinque anni.
449.- E' punito coi lavori pubblici a vita:
1°) omicidio per altrui mandato anche gratuito;
2°) il veneficio.
450.- E' punito coi lavori pubblici a vita:
1°) l'omicidio, che abbia per iscopo la dispersione della prova di un reato, o la facilitazione di un
altro reato, anche quando non siasi raggiunto lo scopo;
2°) l'omicidio, che non abbia altro movente, fuorchè l'impulso di una brutale malvagità;
3°) l'omicidio accompagnato da gravi sevizie, o da crudeli torture, o da altri atti di efferata barbarie;
4°) l'omicidio commesso per vendetta trasversale, ossia uccidendo un attinente di quello che si odia,
per vendicarsi di quest'ultimo.
TITOLO II.
Dei misfatti contro la integrità o la inviolabilità della persona.
451.- Quando le percosse o ferite non offrono i caratte i dell'omicidio mancato o tentato, vengono
regolate dalle seguenti disposizioni.
452.- La legge distingue:
1°) la percossa senza vestigio;
2°) la percossa, o ferita lieve;
3°) la percossa, o ferita grave per gli accidenti;
4°) la percossa, o ferita grave di sua natura.
453.- E' percossa senza vestigio quella che non lascia nè contusione nè perforamento, nè
lacerazione, nè altra traccia esterna qualsiasi, nè alterazione o commozione interna.
454.- E' percossa o ferita lieve quella giudicata di nessun pericolo.
455.- E' percossa o ferita grave per gli accidenti quella giudicata pericolosa di vita, o di mutilazione,
o di storpio, o di sfregio al viso, o di permanente debilitazione di un senso, o di un organo, o delle
facoltà mentali.
456.- E' percossa o ferita grave di sua natura quella che effettivamente addusse il paziente in
prossimo pericolo di vita, nonchè quella donde derivò al paziente la mutilazione o lo storpio, od uno
sfregio al viso, od una permanente debilitazione di un senso, o di un organo, o delle facoltà mentali.
457.- La percossa senza vestigio è punita colla multa da 10 a 20 lire. Se vi fu premeditazione, la
pena è della prigionia da un mese a tre. (V. art. 32 e 174 Cod. proc. pen.).
458.- La percossa o ferita lieve è punita colla prigionia da un mese a tre. Se vi fu premeditazione, la
pena è della prigionia da tre a sei mesi.
459.- La percossa o ferita grave per gli accidenti, è punita colla prigionia da sei mesi ad un anno. Se
vi fu premeditazione, la pena è della prigionia da un anno a tre.
460.- La percossa o ferita grave di sua natura, è punita colla prigionia da uno a tre anni. Se vi fu
premeditazione, la pena ascende alla prigionia da tre cinque anni.
461.- Le pene stabilite contro le percosse e le ferite negli antecedenti articoli sono aumentate di un
grado, quando i misfatti ivi preveduti:
1°) siano commessi contro le persone congiunte nomiate nell'antecedente titolo;
2°) non abbiano altro movente che l'impulso di una brutale malvagità;
3°) siano commessi per ispirito di vendetta trasveral offendendo una persona attinente a colui,
contro il quale si miri a vendicarsi;
4°) sieno commessi per altrui mandato, anche gratuito;
5°) siano accompagnati da sevizie.
462.- Eccettuata la percossa senza vestigio, tutte le altre offese personali contemplate nel presente
titolo assumono il carattere di conato di omicidio, o di omicidio mancato, quando siano commesse
con premeditazione e mediante arma incidente, o tagliente, o mediante esplosione di arma da fuoco,
eccetto il caso, che evidentemente si escluda la volontà di uccidere.
463.- Quando colla somministrazione di commestibili o di bevande o di medicinali od altre sostanze
nocive si reca danno alla persona, il delinquente soggiace alla pena propria della percossa, o ferita
premeditata, giusta le distinzioni enunciate nei prcedenti articoli, cioè a seconda che il danno patito
dall'offeso fu o lieve, o grave pei gli accidenti, o grave di sua natura.
464.- Allorchè dopo la percossa o ferita succede la morte della persona lesa, si applica la pena
propria dell'omicidio nel solo caso, in cui i periti dell'arte salutare abbiano giudicato che la percossa,
o ferita è stata l'unica e vera causa della morte della persona lesa.
465.- La esplosione di un'arma da fuoco senza offesa, od anche il semplice scattamento della
medesima contro un individuo senza offesa, sono puniti colla prigionia da dieci giorni ad un mese,
ovvero colla multa da 20 a 50 lire, salva la pena maggiore, quando le circostanze presentassero nel
fatto tutti gli estremi del conato di omicidio.
TITOLO III.
Delle giustificazioni e delle cause attenuanti i misfatti contemplati nei due titoli precedenti.
466.- Salva la non imputabilità dei misfatti contemplati nei due precedenti titoli, quando mancano in
essi gli estremi costituenti l'imputabilità morale, e salvo il disposto nell'articolo penultimo del Tit.
II, Libro II, Parte I del presente Codice, l'omicidio, le percosse e le ferite sono impunibili se siano
commessi:
1°) nell'attuale necessità della legittima difesa del pudore proprio o di altrui;
2°) in tempo di notte, sia per respingere la scalate, sia per impedire la rottura di recinti, o di muri, o
di porte, o di finestre che diano adito in una casa abitata, o in un appartamento abitato, o nelle loro
dipendenze;
3°) per difendersi in qualunque tempo contro i rapitori di persone, o contro i ladri che aggrediscono
in qualunque strada esterna all'abitato, o che s'introducono in una abitazione isolata.
467.- Le percosse, le ferite e gli omicidi sono puniti con tre gradi meno di pena, se commessi per
gravissima provocazione sofferta dall'omicida, dal percussore, o feritore; con due gradi meno, se
per provocazione grave; con un grado meno, se per provocazione semplice.
I gradi della provocazione vengono determinati dalla maggiore, o minore entità dell'offesa fisica o
morale sofferta dal delinquente, e si ha per provocazione gravissima la sorpresa in flagranti di
un'azione disonesta, che lode l'onore della famiglia.
468.- Le percosse, le ferite e gli omicidi sono puniti con tre gradi di diminuzione della pena
stabilita, quando sieno commessi:
1°) per eccesso nella difesa della propria vita o di altrui, o per eccesso nella difesa del pudore
proprio o di altrui;
2°) per respingere di giorno la scalata, o per impedire la rottura di recinti, o di muri, o di porte, o di
finestre che diano adito in una casa abitata, o in un appartamento abitato, o nelle loro dipendenze;
3°) per eccesso nel difendersi contro i rapinatori di persone, o di cose, o contro i ladri, che
aggrediscono sulle strade esterne ai luoghi abitati, o che s'introducono in un'abitazione isolata.
469.- Allorchè trattisi di omicidio, ferita, o percossa commessi da un discendente, la sola
provocazione gravissima sarà valutata per la diminuzione di un grado della pena stabilita.
TITOLO IV.
Dei misfatti contro la libertà individuale.
470.- Chiunque senza il mandato di un'autorità competente, e fuori dei casi, in cui le leggi
autorizzano o comandano la cattura di una persona, arresti un individuo per qualunque scopo, che
non faccia cadere l'azione sotto il titolo di un altro misfatto, è punito pel solo fatto dell'arresto
illegale colla prigionia da tre a sei mesi.
471.- Chiunque, senza legittima autorità, tenga detenuto o sequestrato un individuo per qualunque
scopo, che non faccia cadere l'azione sotto il titolo di un altro misfatto, è punito :
1°) colla prigionia da uno a tre anni, se il tempo della detenzione o del sequestro illegale non sia
maggiore di tre giorni;
2°) colla prigionia da tre a cinque anni se il tempo della detenzione o del sequestro illegale sia
maggiore di tre giorni.
472.- Ogni qual volta i misfatti contemplati nei due precedenti articoli siano accompagnati da
percossa o da ferita o da altro misfatto contro la persona detenuta o sequestrata, la pena propria di
questi reati si aggiunge a quella della detenzione, dell'arresto illegale.
473.- Se la detenzione, o l'arresto illegale non sia accompagnato da altro misfatto, le pene sancite
negli Art. 1 e 2 di questo Titolo possono essere dal giudice diminuite di un grado, qualora prima di
ogni denuncia, o querela, o di un atto qualunque del processo, il misfattore rimetta spontaneamente
in libertà ed in luogo sicuro l'individuo detenuto, o sequestrato, purchè nel frattempo il misfattore
non abbia conseguito l'intento, pel quale teneva detenuto o sequestrato l'individuo.
474.- Chiunque faccia cadere in ischiavitu' un cittadino sammarinese, è punito coi lavori pubblici da
cinque a sette anni.
475.- Il privato, che faccia cadere nelle mani del Governo di un estero Stato un cittadino
sammarinese, ricercato dalle autorità del medesimo Stato estero per imputazione, o per condanna
penale, è punito colla prigionia da uno a tre anni; è gioverà al misfattore la circostanza, che in
virtu' delle leggi o delle convenzioni internazionali, il sammarinese fatto cadere nelle mani del
Governo di uno Stato estero potesse o dovesse essere consegnato dall'Autorità competente.
476.- L'autorità costituita, che fuori dei casi, in cui le leggi o le convenzioni internazionali
permettono, o comandano la consegna, dia nelle manidel Governo di uno Stato estero un individuo
qualunque abitante nella Repubblica, è punita colla prigionia da 100 a 300 lire.
Nella stessa pena incorrono gli agenti della forza pubblica, che commettano il misfatto contemplato
nel presente e nel precedente articolo.
TITOLO V.
Dei misfatti contro la inviolabilità dell'asilo domestico.
477.- Fuori dei casi di visita domiciliare permessa, o comandata dalle leggi, chiunque, o contro la
espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, o furtivamente, o con violenza, o con minaccia
s'introduca nell'altrui casa, o bottega, o magazzino, o nelle loro dipendenze, o si trattenga in uno di
questi luoghi contro la espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, è punito colla prigionia da
uno a tre mesi, e nei casi piu' leggeri colla multa da 20 a 50 lire, salva la pena maggiore, in cui si
facesse luogo, o pel mezzo adoperato, o per qualche reato commesso. (V. Art. 174 Cod. proc. pen.)
TITOLO VI.
Dei misfatti contro il libero esercizio dei diritti politici o civili.
478.- Chiunque per mezzo di minaccia, o di violenza, o via di fatto impedisca ad un individuo il
libero esercizio dei diritti politici o civili, o lo costringa a fare, o ad omettere o a soffrire qualche
cosa, è punito, secondo l'indole del fatto, colla prigionia da tre mesi a tre anni, e, nei casi piu'
leggeri, colla multa da 50 a 100 lire, salva la pena maggiore, qualora il fatto degenerasse in altro
reato piu' grave.
479.- La semplice minaccia espressa in qualsivoglia modo di recare altrui grave danno nella persona
o negli averi, o di violare alcun suo diritto, quando sia fatta con ordine di adempiere a qualche
condizione, è punita colla prigionia da tre mesi ad un anno; e nei casi piu' leggeri colla multa da 20
a 50 lire, salva sempre la pena maggiore, qualora la minaccia degenerasse in misfatto piu' grave.
TITOLO VII.
Dei misfatti contro la riputazione e la dignità personale. (8)
Cap. I.
Della diffamazione e del libello famoso.
480.- E' reo di diffamazione chiunque con discorso tenuto in luogo pubblico, o in pubblica riunione,
o comunicando con piu' persone, attribuisca ad un individuo presente o assente, un qualche difetto o
vizio determinato obbrobrioso o immorale, atto ad esporlo ad un procedimento penale, ovvero al
disprezzo o all'odio pubblico.
Il misfatto di diffamazione è punito colla prigionia da quindici giorni a tre mesi.
481.- La diffamazione acquista il nome di libello famoso ogni qualvolta l'attribuzione del difetto o
vizio determinato definito nell'articolo precedente abbia luogo per mezzo di divulgazione al
pubblico di scritti a mano, o stampati, o di altri segnali, o figure, rappresentativi del pensiero.
Il libello famoso è punito colla prigionia da tre mesi ad un anno e coll'ammenda da 50 a 100 lire.
(V. Art. 32 Cod. proc. pen.).
482.- Quando l'attribuzione costituente il libello famoso sia divulgata all'estero per mezzo di libri o
fogli periodici, o per via di altri segnali o figure, rappresentativi del pensiero, la pena stabilita
nell'articolo precedente si applica anche a coloro che hanno inviato, o fatto riportare l'articolo, o che
hanno contribuito alla introduzione, o divulgazione del medesimo nello Stato, senza pregiudizio
dell'azione, che l'offeso può esercitare contro chi di diritto presso i Tribunali esteri.
Cap. II.
Della ingiuria. (9)
483.- E' reo d'ingiuria chiunque in luogo pubblico, o in pubblica riunione, o comunicando con piu'
persone attribuisca ad un individuo presente o assente un titolo contumelioso, che non offra gli
estremi designati nell'Art. 1 del precedente capitolo, vvero usi contro altrui espressioni pungenti, o
indecenti, o parole di scherno.
484.- La ingiuria semplice definita nell'articolo precedente diviene ingiuria qualificata pel mezzo,
ogni qualvolta siasi divulgata in alcuno dei modi contemplati nell'Art. 2 del presente capitolo.
485.- La ingiuria semplice è punita colla prigionia d sei giorni ad un mese; e nei casi piu' leggeri
colla multa da 5 a 20 lire.
La ingiuria qualificata pel mezzo è punita colla prigionia da uno a sei mesi; e nei casi piu' leggeri
colla multa da 20 a 50 lire. (V. Art.174 Cod. proc. pen.)
486.- Qualora la ingiuria qualificata pel mezzo venga divulgata all'estero per mezzo di libri o fogli
periodici, o per via di altri segnali, o figure, rappresentativi del pensiero, la pena stabilita
nell'articolo precedente si applica anche alle persone contemplate nell'articolo ultimo del precedente
capitolo. (V. Art. 174 Cod. proc. pen.).
Cap. III.
Disposizioni comuni ai misfatti contemplati nei due capitoli antecedenti.
487.- Allorchè i misfatti contemplati nei due capitoli precedenti si commettano contro un defunto,
possono fare istanza per l'applicazione della pena il padre o la madre, il figlio o la figlia, ed ogni
altro ascendente o discendente del defunto leso, nonchè il coniuge e i di lui fratelli, o sorelle, ed
inoltre gli eredi testamentari ed i legatari anche stranieri.
488.- Quando l'ingiuria o la diffamazione sia contenuta nelle allegazione scritte o stampate relative
alle vertenze giudiziarie, e le stesse allegazioni siano state comunicate solamente al funzionario od
ai funzionari, che debbono decidere la controversia, questi avranno diritto, o di ricusare le dette
allegazioni, o di ordinare che le ingiurie siano cancellate; ed in questo caso cesserà ogni azione
penale, salva l'applicazione della pena, qualora le dette allegazioni siano state distribuite da altre
persone estranee al giudizio.
489.- Il reo d'ingiuria, di diffamazione o di libello famoso è ammesso per sua giustificazione a
provare i fatti attribuiti, unicamente nei seguenti due casi:
1°) quando la stessa persona colpita dalla ingiuria, dalla diffamazione o dal libello famoso, faccia
espressa istanza perchè il processo da istruirsi, o istruito contro l'incolpato si estenda anche a
chiarire la verità o la falsità delle attribuzioni;
2°) quando, inseguito alle attribuzioni, il Fisco pr ceda contro la persona colpita dalla ingiuria, dalla
diffamazione o dal libello famoso.
Nei casi contemplati in quest'articolo, se la verità dell'attribuzione rimanga provata, svanisce ogni
imputabilità.
490.- In tutti i casi di condanna, sia per ingiuria qualificata pel mezzo, sia per diffamazione o per
libello famoso, il giudice ordinerà che la sentenza venga pubblicata a spese del condannato nelle
colonne di un giornale officiale di quello Stato vicino, che designerà nella sentenza.
Cap. IV.
Del rilevamento dei segreti.
491.- Il medico, il chirurgo, il flebotomo, il farmacista, la levatrice, ed in generale ogni officiale
sanitario, nonchè ogni altra persona depositaria di qualche segreto confidatogli per ragione del
proprio stato o della propria professione, il quale fuori dei casi, in cui le leggi lo costringono a drne
parte alla pubblica Autorità, si faccia a rivelarlo, è punito colla multa da 50 a 100 lire, e nei casi piu'
leggeri colla multa da 10 a 20 lire.
TITOLO VIII.
Dei misfatti contro la proprietà per fine di lucro.
Cap. I.
Del furto.
Sez. I
Del furto senza violenza.
492.- Il furto senza violenza, qualora non sia accompagnato da alcuna di quelle circostanze che lo
rendono qualificato, si denomina semplice, ed è punito colla prigionia:
1°) da uno a tre mesi, se il valore del tolto non ecceda 25 lire;
2°) da tre mesi ad un anno, se ecceda 25 lire, ma non superi le 250 lire;
3°) da uno a tre anni, se ecceda 250 lire.
493.- Chiunque nei fondi altrui si cibi semplicemente di frutta, o di altri prodotti della terra, senza
portarne via, è punito colla prigionia da tre a dieci giorni, ovvero colla multa da 3 a 20 lire.
494.- Il furto senza violenza si denomina qualificato:
§ I.- Per la qualità della persona, cioè quando sia commesso:
1°) da un domestico a danno del padrone, o di altra pe sona, che conviva anche temporaneamente
col padrone. - E' riputato domestico ogni individuo addetto a servizio continuo e rimunerato ,
coabiti o no col padrone;
2°) da un albergatore o da uno dei suoi dipendenti, a danno della persona alloggiata a danno di
chichessia nell'albergo, in cui ha preso alloggio;
3°) dall'ospite, che riceve l'ospitalità, a danno di colui che la presta, o di qualunque individuo di sua
famiglia o dall'ospite, che accorda l'ospitalità, a danno di colui che la riceve;
4°) da un convittore nella casa di convitto, o da un impiegato, od operaio compagno di mestiere nel
luogo, in cui ha libero accesso per ragione del suo impiego, o della sua occupazione, o del suo
mestiere;
§ II.- pel numero dei misfattori, quando sia commesso da piu' persone, ancorchè tutte inermi, ma in
numero maggiore di due riunite a fine di rubare;
§ III.- pel tempo, quando sia commesso in tempo di calamità, cioè d'incendio, di ruina,
d'innondazione, di naufragio, di terremoto, di sommossa popolare, d'invasione di nemici, semprechè
la calamità abbia servito di facilitazione al delitto;
§ IV.- pel luogo, cioè quando sia commessa in luogo destinato al culto divino, salvo ciò che sarà
determinato in appresso riguardo al furto di cose sacre;
§ V.- pel tempo e pel luogo insieme, quando sia commesso da persona, che non coabiti col
derubato, in tempo di notte, in una casa abitata, od anche in una casa non attualmente abitata, ma
inserviente ad abitazione, eccetto quando i ladri sape sero che la casa non era attualmente abitata;
E' riputato notte tutto il periodo di tempo, che corre da un'ora dopo il tramonto del sole ad un'ora
prima della levata del medesimo;
§ VI.- pel mezzo quando sia commesso:
1°) da una persona armata, senza però trascendere i minaccia o in violenza;
2°) mediante rapina. E' riputata rapina il furto, che si commette coll'uso bensì della forza materiale
contro la persona, ma in modo che la violenza esercitata dal misfattore, lungi dall'essere diretta ad
offendere, o a spaventare la persona, miri unicamente a rapire la cosa di mano o di dosso;
3°) da una persona, che faccia uso di maschera, o di tintura in viso, o di qualunque altra alterazione
di sembiante, o di figura, o che mentisca il titolo, o la divisa di un pubblico funzionario, o che
simuli un ordine della pubblica Autorità, tuttochè siffatti artifizi non abbiano in realtà contribuito ad
agevolare il furto o a nascondere l'autore;
4°) mediante scalata. Vi ha scalata ogni volta che superandosi un'altezza di quattro metri almeno, si
salga o si discenda in un luogo sia coll'aiuto di mezzi artificiali, come scala, corda e simili, sia
coll'aiuto meccanico di un'altra persona, sia anche per inerpicamento giovandosi della propria
agilità personale;
5°) mediante chiave falsa. E' riputato chiave falsa qu lsivoglia grimaldello, uncino o chiave comune
a molte specie di serratura, nonchè qualunque chiave alterata o contraffatta, ed anche la chiave vera
procurata con furto, fraude od inganno;
6°) mediante effrazione. E' riputata effrazione ogni demolizione, rottura o guasto con qualunque
mezzo, di siepi, di muri a calce o a secco, di tetti, di solai, di porte, di finestre, d'inferriate, di
stanghe, di chiavistelli e di qualunque serratura di solida materia, nonchè di forzieri, di armadi, di
casse o simili contenenti chiusi solidamente;
§ VII.- per la qualità delle cose ogniqualvolta sia commesso:
1°) sopra alberi o mozziconi ancora attaccati al suo o;
2°) sopra viti od altri alberi fruttiferi ancora att ccati al suolo;
3°) sopra legni, che formino parte di chiuse, o palizz te, o cancelli, od altri ripari destinati a
garantire, o giovare i prodotti campestri, o ad impedire l'accesso negli orti o parchi od altri luoghi
chiusi.
495.- Quando il furto senza violenza è accompagnato d una delle qualifiche designate nei §§
I,II,III,IV,VI,VII dell'articolo precedente è punito colla prigionia:
1°) da sei mesi ad un anno, se il valore del tolto non ecceda 25 lire;
2°) da uno a tre anni, se ecceda 25 lire, ma non superi le 250;
2°) da tre a cinque anni, se oltrepassi le 250 lire.
Se le qualifiche, che accompagnano il furto senza violenza sieno due o piu', le pene stabilite in
quest'articolo vengono aumentate di un grado.
496.- Qualora la qualifica, che accompagna il furto senza violenza, sia quella designata nel § V del
precedente articolo, si applica la pena di prigionia:
1°) da uno a tre anni, se il valore del tolto non ecceda 25 lire;
2°) da tre a cinque anni, se ecceda 25 lire, ma non superi le 250;
3°) da cinque a sette anni, se ecceda le 250 lire.
E se a questa qualifica aggiungansi una o piu' altre, le pene stabilite in quest'articolo vengono
aumentate di un grado.
497.- Il furto di cosa sacra i luogo sacro è punito colle pene sancite nel precedente articolo, ma se vi
si aggiunge la profanazione dell'Ostia o delle Ostie consacrate, si applica al profanatore la pena dei
lavori pubblici a vita.
Se il furto di cosa sacra è commesso in luogo non sacro, si applicano le pene statuite nel precedente
articolo diminuite di un grado.
Sez. II.
Del furto violento.
498.- Il furto viene denominato violento quando è accompagnato:
1°) da minaccia contro la persona, o da ferita lieve, o da percossa senza vestigio, o da altri
maltrattamenti;
2°) da percossa o ferita grave di sua natura, o grave per gli accidenti;
3°) da omicidio mancato, o tentato, o da gravi sevizi , o da torture, o da altri atti di efferata
barbarie;
4°) da omicidio consumato.
499.- Il furto violento è punito: nel primo caso dell'articolo precedente coi lavori pubblici da cinque
a dieci anni;
nel secondo caso, coi lavori pubblici da dieci a quindici anni;
nel terzo caso, coi lavori pubblici da venti a ventici que anni;
nel quarto caso, coi lavori pubblici a vita.
500.- Quando però la morte non sia derivata esclusivamente dalla ferita, ma anche da una causa
sopravvenuta, indipendentemente dall'azione del misfattore, la pena dei lavori pubblici a vita sarà
diminuita di un grado.
501.- Qualora nel furto violento concorra una o piu' d quelle circostanze, che rendono qualificato il
furto non violento, le medesime saranno calcolate dl giudice per un aumento nella latitudine della
pena.
502.- Si reputa che gli atti di violenza abbiano accompagnato il furto anche quando il misfattore li
abbia commessi immediatamente prima o immediatamente dopo il furto, ad oggetto di agevolarne la
consumazione, o di favorire la fuga, od assicurare la impunità di sè stesso, o di alcuno dei correi, o
complici, ed anche quando gli atti di violenza siano stati commessi non sul derubato od assalito, ma
su qualunque altra persona presente o accorsa nel momento del misfatto.
503.- Le pene comminate negli articoli della presente Sezione sono sempre applicabili quando gli
atti di violenza sono effettuati, tuttochè il furto sia rimasto semplicemente mancato o tentato.
Cap. II.
Della usurpazione.
504.- Chiunque, a fine di usurpare l'altrui, rimuova o alteri i termini o confini delle proprietà, o
devii il corso delle acque, o rompa, o demolisca, o tterri o guasti muri, o siepi, o ripari o cose
simili, o turbi in qualsivoglia altro modo l'altrui possesso, è punito colla prigionia da sei mesi ad un
anno e coll'ammenda da 50 a 100 lire. (V. Art. 32 Cod. proc. pen.)
505.- Chiunque, nel commettere il misfatto previsto nell'articolo precedente, trascenda ad uno degli
atti di violenza, che costituiscono il furto violento, è punito colle pene proprie del furto violento, e
soggiace a tutte le disposizioni contenute nella reativa Sezione.
Cap. III.
Delle estorsioni.
506.- Chiunque, con uno degli atti di violenza, cheostituiscono il furto violento, carpisca denaro o
altra roba, o costringa un altro a distruggere, od a scrivere od a sottoscrivere un atto qualunque
contenente obbligazione o liberazione, è punito colle pene comminate contro il furto violento e
soggiace alle disposizioni contenute nella Sezione relativa a questo reato.
Cap. IV. Della truffa e d'ogni altra fraudolenta ed indebita appropriazione.
508.- E' reo di truffa chiunque, per , mezzo di qualsivoglia impostura od artificio atto ad ingannare
od abusare dell'altrui buona fede, sia giunto a farsi consegnare o rilasciare denaro, o fondi, o cose
mobili, o disposizioni, od obbligazioni, o liberazioni, che non gli competevano, od abbia con alcuno
dei detti mezzi fatto un indebito lucro. (V: Art. 32 Cod. proc. pen.)
509.- La truffa è punita come il furto semplice, ed inoltre:
1°) coll'ammenda da lire 20 a 50, se l'entità del valore truffato non eccede le 25 lire;
2°) coll'ammenda da 50 a 100 lire, se eccede il valore di 25 lire, ma non superi quello di 250;
3°) coll'ammenda da 150 lire a 300, se supera le lire 250.
510.- E' soggetto alle disposizioni relative al falso nelle scritture colui, che sopra un foglio bianco
munito di altrui sottoscrizione scriva o faccia scrive e, per fine di lucro e a danno altrui, disposizioni
od obbligazioni, o liberazioni, nonchè colui, che per fine di lucro o a danno altrui, aggiunga o facci
aggiungere qualche obbligazione, condizione o clausol sopra un foglio non bianco, senza
distinzione in ambi i casi se il foglio gli sia stato affidato o non affidato.
511.- Chiunque abbia consumato, o distrutto, o alien to, o in qualsivoglia modo convertito in
profitto proprio, o di un terzo, in pregiudizio del proprietario, o del possessore, o del detentore,
danaro, effetti e mercanzie, od uno scritto contenente disposizione, o producente obbligazione, o
liberazione, a lui stati affidati, o consegnati, o per custodirli, o per restaurarli, o per trasportarli, o
per qualsivoglia altro titolo, che induce l'obbligo di presentarli, o di restituirli, o di farne un uso
determinato, è punito colla prigionia da uno a sei m si, e nei casi piu' leggeri colla sola multa da 20
a 50 lire, salvo l'aumento di un grado di pena, qualora il reato pei rapporti tra il delinquente e la
persona lesa contenesse abuso speciale di autorità o di fiducia.
512.- Alle stesse pene sancite nell'articolo precednte è soggetto il vetturale ed ogni altra persona
incaricata di un trasporto, il quale abbia alterato vini, o liquori, od altre merci affidategli, salve l
disposizioni statuite a suo luogo per le alterazioni n tevoli dell'umana salute.
513.- Chiunque abbia trovato una cosa d'altri perduta, o smarrita e non ne faccia denuncia, o
consegna alla pubblica Autorità locale entro lo spazio di ore quarantotto, ha contro di sè la
presunzione legale di volersela appropriare, ed è punito colla multa da 20 a 150 lire; e nei casi piu'
leggeri colla multa da 5 a 20 lire. Qualora si trattasse di denaro od oggetto che superi il valore di
150 lire, sarà applicata la multa equivalente al valore del denaro od oggetto appropriatosi.
514.- L'inventore di un tesoro, che in virtu' delle disposizioni del diritto civile sia tenuto a palesarlo
ed a cederlo in tutto, od in parte, quante volte non e faccia la debita rivelazione entro lo spazio di
ore quarantotto, ha contro di sè la presunzione legale di volerselo interamente appropriare, ed è
punito colla prigionia da tre a sei mesi e coll'ammenda da 150 a 200 lire.
Cap. V.
Dell'occultamento, della vendita o della compra di cose ottenute per mezzo di misfatto.
515.- Chiunque, senza il concorso di atti, che gli facciano contrarre la complicità nel reato, abbia
scientemente ricettato od occultato una cosa qualunque ad altri pervenuta per mezzo di misfatto, o
siasi scientemente intromesso per farla vendere od alienare, o l'abbia scientemente comprata, o
ricevuta a titolo di permuta, è punito colla prigionia da un mese a tre anni, giusta l'entità delle
circostanze concorrenti nel reato principale.
Cap. VI.
Disposizioni comuni ai precedenti capitoli del presente titolo.
516.- In tutti i misfatti contro la proprietà per fine di lucro, ad eccezione dei furti violenti, della
usurpazione accompagnata da violenza e della estorsione, non si fa luogo ad azione penale, ma alla
sola azione civile pel rifacimento del danno:
1°) fra legittimi ascendenti o discendenti ed affini in linea ascendentale e discendentale;
2°) dal padre o dalla madre verso il figlio naturale legalmente riconosciuto, e viceversa;
3°) dal padre o dalla madre verso il figlio adottivo e viceversa;
4°) fra fratelli e sorelle e tra gli affini nel medsimo grado;
5°) fra l'uno e l'altro coniuge, ed anche tra l'ered di un coniuge contro il vedovo o la vedova
superstite, quanto alle cose già appartenenti al coniuge defunto.
517.- Quando nei misfatti contro la proprietà per fine di lucro, il valore del tolto influisca
sull'applicazione della pena, questo valore non si mi ura dall'utile ritratto dal misfattore, ma bensì
dal prezzo reale ed effettivo del tolto nel momento del misfatto.
Che se il tolto appartenga in parte ad alcuna delle p rsone mentovate nell'articolo precedente ed in
parte ad un estraneo, il valore si misura dal prezzo reale ed effettivo nel momento del misfatto della
parte spettante all'estraneo.
518.- In tutti i misfatti contro la proprietà per fine di lucro ad eccezione dei furti violenti, della
usurpazione accompagnata da atti di violenza e dalla estorsione, le pene stabilite dalla legge
vengono diminuite di due, o tre gradi, quante volte il misfattore od altri in sua vece abbia
pienamente indennizzato il danneggiato prima di ognde uncia, o querela, o di un atto qualunque
del processo.
TITOLO IX.
Dei misfatti contro la proprietà non per fine di lucro.
Cap. I.
Dell'incendio e della mina e di qualsivoglia altra esplosione.
519.- L'incendio di un edificio o di un oggetto quale che siasi, da cui sia derivato un omicidio, o una
ferita lieve, od una ferita grave per gli accidenti o grave di sua natura è punito:
1°) coi lavori pubblici a vita quante volte ne sia derivato un omicidio, che il misfattore poteva
facilmente prevedere;
2°) colla pena propria dell'incendio congiunta a quella della ferita o lieve o grave per gli accidenti o
grave di sua natura, che ne fosse risultata, qualora il misfattore abbia potuto facilmente prevedere
che ne derivasse un danno personale ad un individuo.
E qualora non abbia potuto facilmente prevedere tali conseguenze, il misfattore è punito colla pena
propria dell'incendio commesso, senza valutare le conseguenze derivatene.
Si presume che il misfattore abbia potuto facilmente prevedere le suesposte dannose conseguenze,
qualora l'incendio venga commesso sopra un edificio ab tato, od un qualunque ricovero abitato.
520.- Qualora dall'incendio non sia derivata alcuna delle funeste conseguenze specialmente
contemplate dal precedente articolo, è punito coi lavori pubblici da quindici a venti anni:
1°) l'incendio di un edificio abitato, o di un qualnque ricovero abitato;
2°) l'incendio di qualsivoglia oggetto nella Città, o nei Comuni dello Stato, donde sia derivato
l'evidente pericolo che l'incendio si comunicasse ad un edificio abitato, o ad un qualunque ricovero
abitato, quando anche la comunicazione non abbia avuto luogo;
3°) l'incendio di un tempio destinato al culto della religione cattolica romana;
4°) l'incendio del palazzo destinato alle riunioni del Consiglio Sovrano, o del palazzo destinato alle
riunioni dei Congressi ed alle pubbliche udienze della Reggenza, o del palazzo destinato alla
pubblica amministrazione della Giustizia, o dei locali destinati a servire di quartieri militari, o
destinati a servire di fortificazione o di casa di pena;
5°) l'incendio dell'edificio contenente la pubblica libreria, o di quello contenente archivi o registri
pubblici;
6°) l'incendio del pubblico teatro.
521.- E' punito coi lavori pubblici da sette a dieci anni: 1°) l'incendio di un qualunque altro edificio
non contemplato nell'articolo antecedente, fosse pur un edificio od un ricovero destinato
all'abitazione, purchè attualmente non abitato;
2°) l'incendio di una capanna o di un pagliaio o diun qualunque altro edificio o ricovero destinato
alla custodia dei bestiami;
3°) l'incendio di un bosco, o di una foresta, o di una vigna, o di un oliveto, o di qualsivoglia altra
piantata di alberi o di arbusti;
4°) l'incendio di biade, o di lini, o di canape, o di altri prodotti campestri, sieno ancora attaccati al
suolo, siano raccolti ed ammucchiati nei campi o nelle aje;
5°) l'incendio di una catasta di legname, o di legna, o di un ammasso di paglia, o di fieno, o di
derrate, o di carbone, sì vegetabile che minerale, o di altra materia facilmente accendibile.
522.- Qualunque altro incendio non provveduto nei tre articoli precedenti soggiace alle disposizioni
contenute nel successivo capitolo, che tratta di qualunque danno cagionato.
523.- L'incendio s'intende commesso sopra un determinato edificio o un determinato oggetto, tanto
nel caso che il fuoco venga appiccato direttamente a questo edificio od oggetto quanto nel caso che
venga appiccato ad una sua dipendenza, o ad un'altra materia qualunque, da cui poi si comunichi a
questo edificio od oggetto determinato, purchè però il misfattore abbia potuto facilmente prevedere
la avvenuta comunicazione.
524.- Le disposizioni del presente capitolo colle distinzioni in esso contenute sono applicabili a
chiunque per mezzo di una mina, o di un'altra esplosione qualsiasi distrugga in tutto o in parte
taluno degli oggetti in questo capitolo contemplati.
Cap. II.
Della inondazione.
525.- Chiunque deviando acque, distruggendo, o rompendo, o traforando, o in altra guisa
danneggiando argini, od altri ripari, o freni delle m desime, od usando di qualunque altro mezzo
produca una inondazione, è punito per questo solo fatt coi lavori pubblici da cinque a sette anni.
526.- Se la inondazione produca una delle conseguenze mentovate nell'articolo primo del capitolo
precedente, è punita colle pene ivi sanzionate, secondo le distinzioni in detto articolo stabilite, e s
produca la distruzione in tutto o in parte di uno degli oggetti contemplati nell'antecedente capitolo, è
punita colle pene comminate dal medesimo, secondo le istinzioni in esso contenute, purchè la
distruzione abbia potuto facilmente prevedersi dal misfattore; altrimenti si applica la sola pena
statuita in questo capitolo.
Cap. III.
Di qualunque altro danno cagionato.
Sez. I.
Del danno cagionato senza violenza.
527.- E' reo di danno cagionato senza violenza chiunque non per fine di lucro, nè per un fine che
faccia cadere il misfatto sotto altro titolo, con qualsivoglia mezzo reca altrui pregiudizio, senza
trascendere in alcuno degli atti di violenza contemplati nella susseguente Sezione:
1°) sia con atterrare, o rompere, o deteriorare in qualsivoglia modo un edificio, o una capanna, o un
pagliaio o un ricovero, od una costruzione qualunque, o una strada, od un ponte, od un argine, od un
muro con calce, o a secco, od altra cosa simile;
2°) sia col rimuovere, o atterrare i termini, o confini delle proprietà;
3°) sia col disperdere, o col deviare il corso delle acque, o col guastare, o in qualunque altro modo
deteriorare un acquedotto, od un pozzo, od un fonte d un serbatoio di acque;
4°) sia collo svellare od abbattere, o rompere, o incidere, o guastare o altrimenti deteriorare alberi, o
viti o piante, o seminati, o erbaggi, o raccolte, o strumenti di agricolture, o siepi o chiusure di ogni
genere ,o cose simili;
5°) sia col fare abusivamente pascolare animali nei fondi altrui contro l'espressa o presunta volontà
del proprietario, o del possessore, o del detentore;
6°) sia coll'appianare, o col colmare un canale o un fosso;
7°) sia coll'uccidere o col mutilare, o col ferire un animale senza necessità, o senza legittima
autorizzazione, od anche collo sparare semplicemente sugli altrui colombi, o piccioni;
8°) sia col distruggere, o col di spendere, o col cancellare, o col mutilare corrispondenze, o registri,
o memorie, o diplomi, o documenti simili od un atto contenente disposizione o producente
obbligazioni o liberazione;
9°) sia insomma col distruggere, o guastare, o deteriorare in qualsivoglia modo i beni altrui, mobili
od immobili.
528.- Il danno cagionato senza violenza, quando non vi concorra alcuna di quelle circostanze che a
tenore delle susseguenti disposizioni lo rendono qualificato, si denomina semplice, ed è punito:
1°) colla prigionia da venti giorni ad un mese, ovvero ne' casi piu' leggeri colla multa da 5 a10 lire,
se il valore del danno non ecceda 25 lire;
2°) colla prigionia da tre a sei mesi e coll'ammenda da 10 a 20 lire, se il valore del danno eccede le
lire 25, ma non le 250;
3°) colla prigionia da sei mesi ad un anno e coll'ammenda da 50 a 100 lire, se il valore del danno
eccede le 250 lire.
529.- Si applica la pena della prigionia da dieci giorni ad un mese e l'ammenda da 5 a 10 lire,
ovvero la sola pena afflittiva, o la sola pena pecuniaria isolatamente, quando il danno cagionato
consiste:
1°) nel lanciare semplicemente pietre, o altri corpi d immondizie nei giardini, o nei recinti altrui, o
contro le finestre, o le porte, o i muri delle case, o dei ricoveri, o contro le porte, o le mura della
Città, o delli Comuni; salva la maggior pena, qualor dallo scagliamento dei detti oggetti fosse
derivata offesa personale ad alcuno;
2°) nello imbrattare semplicemente, o nel deturpare muri, o porte, o finestre, o strade nella Città, o
nelli Comuni, o lungo i pubblici passaggi;
3°) nello ingombrare, o nell'occupare il suolo pubblico, od una pubblica area, senza la permissione
della Reggenza;
4°) nello introdursi, contro la volontà espressa o t cita del proprietario, o del possessore, o del
detentore, nell'altrui fondo chiuso , o preparato, o nel farvi passare bestie.
Dicesi chiuso il fondo difeso da muro anche a secco, o da siepi, o da fosso o da altro simile riparo;
Dicesi preparato un fondo quando è messo a seminato, o piantagione, o contiene frutti pendenti.
(V. Art. 174 Cod. proc. pen.).
530.- Il danno cagionato senza violenza si denomina qualificato:
I. pel numero dei misfattori ognora che sia commesso da piu' persone anche tutte inermi, ma in
numero maggiore di due, riunite a fine di cagionare altrui danno;
II. pel mezzo ognora che sia commesso:
1°) coll'uso bensì della forza materiale, ma in modo che la violenza esercitata non sia diretta ad
offendere in alcun modo o a spaventare la persona;
2°) mediante scalamento o chiave falsa o effrazione nel senso attribuito a queste parole dal presente
Codice;
III. pel la qualità delle cose ognora che sia commesso:
1°) sopra un edificio od altro oggetto destinato all'esercizio del culto della religione Cattolica
Romana;
2°) sopra monumenti sepolcrali o pubblici;
3°) sopra libri od oggetti componenti la pubblica biblioteca o contenuti nei pubblici archivi:
4°) sopra minute o registri od altri atti originali della pubblica autorità;
5°) sopra qualunque atto originale, anche privato, esistente in qualunque pubblico ufficio;
6°) sopra protocolli di un pubblico notaio o sopra qualunque documento o atto originale, di cui un
pubblico notaio abbia la consegna per ragione del proprio ministero;
7°) sopra fili, macchine od apparecchi del telegrafo, come sopra pali od altri sostegni dei fili
telegrafici. (10)
531.- Quando il danno cagionato senza violenza è accompagnato da una o piu' delle qualifiche
definite nell'articolo precedente, le pene rispettivamente stabilite nella presente sezione vengono
aumentate di un grado.
Sez. II.
Del danno cagionato con violenza.
532. Il danno cagionato dicesi recato con violenza qu ndo viene accompagnato da uno degli atti
menzionati nell'Art. 1 della Sez.II., Cap.I. Tit.VIII di questo libro.
533.- Ogniqualvolta il danno cagionato, sia semplice, sia accompagnato da qualche qualifica, venga
recato con violenza, si farà confronto tra la pena del danno cagionato e la pena dell'atto di violenza,
da cui viene accompagnato, e si applicherà la piu' grave.
Cap. IV.
Disposizioni comuni ai precedenti capitoli del presente titolo.
534.- I misfatti contemplati nel presente titolo sono puniti colle pene in esso stabilite anche quando
cadessero sulle cose proprie dell'agente:
1°) quando colla distruzione della cosa propria si mette in evidente pericolo un altrui edificio
abitato, o qualsiasi ricovero abitato di altrui ragione;
2°) quando si distrugge la cosa propria come mezzo alla distruzione della cosa altrui.
535.- Fuori dei casi menzionati nell'articolo precedente, la distruzione delle cose proprie non è
colpita dalle disposizioni del presente titolo.
536.- Però chiunque distrugga o danneggi la cosa propria nella mira di procurarsi un illecito
guadagno, o di sottrarsi ad una legittima obbligazione, è reo di truffa, e come tale è punito.
E chiunque distrugga o danneggi la cosa propria nell mira di nuocere ai diritti altrui, quando
realmente questo nocumento sia derivato, è reo di danno cagionato, e come tale è punito.
537.- In tutti i misfatti preveduti nel presente titolo, ad eccezione di quelli dai quali sia derivato un
omicidio, od una ferita grave, od altro danno personale all'individuo, e ad eccezione di quelli
accompagnati da atti di violenza, le pene stabilite dalla legge vengono diminuite di uno o due gradi,
quante volte il misfattore, o altri in sua vece, abbi pienamente indennizzato il danneggiato prima di
ogni udienza, o querela, o di un atto qualunque del processo.
538.- Non è reo di danno dato chi, sorprendendo piccioni od altri volatili nell'atto che danneggiano
il proprio fondo, il discaccia anche con esplosione di arma da fuoco, salvo i diritto al proprietario
dell'animale di reclamare, a sua scelta, o il volatile o i volatili, che fossero restati uccisi, od il loro
prezzo.
In ogni altro caso, chiunque sorprenda nel proprio fondo bestie altrui non può recar loro nocumento
senza incorrere nell'analoga sanzione penale. Ha però il diritto di sequestrarle, coll'obbligo di
partecipare il fatto alla Reggenza entro ventiquattro ore e di condurre le bestie sequestrate nel luogo
di deposito stabilito dal Governo entro lo spazio di re ventiquattro; altrimenti incorre nella pena di
chi usurpa l'Autorità coll'esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Se il padrone delle bestie non le reclamerà fra otto giorni a contare da quello del sequestro
inclusivamente, il danneggiato potrà promuovere giudiz alimente la vendita per essere indennizzato
del danno col prezzo che ne sarà ricavato.
LIBRO II.
DEI DELITTI
TITOLO I.
Dei delitti isolatamente considerati.
539.- Quando le azioni, che costituiscono i misfatti, invece di presentarsi con indole di dolo,
presentarsi sotto aspetto di colpa, assumono la denominazione di delitti.
540.- E perciò non offrono natura di delitti tutte quelle azioni, che per l'indole loro non possono
altrimenti esistere che sotto figura di dolose, e ch il presente Codice non punisce che per l'indole
loro propria di misfatti. Di tale natura sono: la cospirazione, l'attentato, la calunnia, la rapina, il
furto e molti altri fatti di pari indole.
541.- Nemmeno offrono materia di delitti tutti quei fatti, che avuto riguardo alla loro indole, con
ispeciali disposizioni del presente Codice sono puniti sotto figura di misfatti, anche quando non
fosserro che semplicemente colposi.
Di tale natura sono: la comunicazione o la propalazione dei segreti della Repubblica, l'assunzione
del possesso di una carica prima del prestato giuramento, l'assunzione delle funzioni prima
dell'epoca designata, la continuazione abusiva nell'es rcizio delle funzioni, la ricusa dell'ufficio di
Reggente o la resistenza da esso prima dell'epoca stabilita, la violazione del segreto d'ufficio, il
ritardo delle denuncie ingiunte ai medici ed ai chirurghi ed altri ufficiali sanitari, il ritardo del
testimonio o perito nel comparire in giudizio , e la loro ricusa di giurare, il ritardo nella esecuzione
di un mandato di cattura, la trascuranza dei termini per parte dell'avvocato fiscale, la ricusa dei
giudici di rendere giustizia, la prematura esternazione del voto, l'apertura di bettole ecc. in tempo
delle sacre funzioni, l'indugio nel seppellire i cadaveri al di là del termine fissato dalla legge,
l'indugio nel sotterrare le bestie morte, la macerazione di canape o lini in luoghi vietati, l'istituzione
di un opificio, che tramandi fetide esalazioni, il ritardo nell'incetta de' generi annonari pel pubblico,
e molti altri d'indole consimile.
542.- I delitti vengono puniti colla diminuzione della pena comminata ai rispettivi misfatti da tre
sino a sette gradi in proporzione del grado maggiore o minore di colpa, che concorse nell'azione.
Qualunque sia poi la pena comminata al misfatto, quella del delitto sarà sempre la prigionia e non
potrà eccedere gli anni cinque di durata.
TITOLO II.
Dei delitti concorrenti coi misfatti.
543.- Se nel commettersi un misfatto resta sorpassato il disegno del misfattore verificandosi un
eccesso, che non poteva affatto prevedersi, l'eccesso non è punto imputabile, reputandosi
meramente casuale.
544.- Se poi si verifica un eccesso, che poteva facilmente prevedersi, l'eccesso è imputabile sotto
figura di doloso, e l'intero avviamento è un misfatto.
545.- Che se oltre al misfatto, che era nel disegno del misfattore, ed oltre alle conseguenze
facilmente prevedibili, si è verificato un eccesso non facilmente prevedibile, quest'eccesso è
imputabile come colposo, e l'intero avvenimento viene a costituire un misfatto ed un delitto insieme
concorrenti.
546.- La pena dell'intiero avvenimento contemplato nell'articolo precedente consiste nella pena
propria del misfatto congiunta a quella del delitto concorrente col misfatto.
547.- Se delle due pene da congiungersi a termini dell'articolo antecedente, una fosse quella dei
lavori pubblici, l'altra della prigionia propria del delitto, questa seconda sarà ridotta alla pena di
lavori pubblici, diminuendone la durata di un terzo.
548.- Le norme antecedentemente stabilite debbono osservarsi anche nel caso, che oltre il misfatto
propostosi dal colpevole ed oltre l'eccesso facilmente prevedibile, sia derivato un altro fatto che la
legge punisce sotto diverso aspetto. Nell'applicazione della pena ulteriore propria di questo fatto si
osservano le norme stabilite a suo luogo circa la compenetrazione delle pene.
LIBRO III.
DELLE CONTRAVVENZIONI
TITOLO UNICO.
Delle contravvenzioni e delle loro pene. (11)
549.- Ferme le speciali sanzioni già portate da questo Codice contro alcune contravvenzioni di
maggiore importanza politica, e fermi pure tutti gli Editti e Regolamenti speciali su materie non
contemplate in questo terzo Libro, e salva alla Reggenza la facoltà di provvedere con ispeciali
Regolamenti a qualunque oggetto che riguardi il buon regime della Repubblica, sono dichiarate
contravvenzioni di prim'ordine i seguenti fatti:
1°) lo introdurre, o il fabbricare, o lo spacciare, o il ritenere armi, o munizioni da guerra senza
legittima autorizzazione;
2°) lo introdurre, o il fabbricare, o lo spacciare rmi proprie senza legittima autorizzazione;
In generale diconsi armi tutte le macchine da fuoco, tutti gli strumenti, tutti gli utensili incidenti,
perforanti o contundenti.
Armi proprie però sono quelle, la cui destinazione principale ed ordinaria è la difesa propria o
l'altrui offesa.
Le altre non sono considerate come armi, se non quado si rivolgono effettivamente alla difesa o
alla offesa, ed in questo caso sono denominate armi improprie.
3°) lo introdurre, o il fabbricare, o lo spacciare rmi proprie insidiose senza legittima
autorizzazione;
Fra le armi proprie diconsi insidiose quelle che possono agevolmente nascondersi, come le pistole
piu' brevi tra canna e cassa della misura di due palmi della canna mercantile romana, come pure gli
archibugi corti o tromboni chiamati dal piede scavezzo o tagliato, e finalmente gli stili nascosti
entro la canna o bastone, non che i coltelli a scrocco che abbiano la punta acuminata e a fronda
d'oliva, e generalmente tutti i pugnali, stiletti e simili.
4°) lo spacciare o lo affilare un'arma propria od un'arma insidiosa;
5°) la delazione di un'arma propria sia o non sia insidiosa;
E' riputato delatore di arma propria e insidiosa anche l'esercente un'arte, o mestiere, che fuori
dell'attuale esercizio porta indosso un'arma inserviente bensì alla propria arte, o al proprio mestiere,
ma di sua natura micidiale e facile a nascondersi.
6°) la ritenzione in casa di un'arma insidiosa;
Le contravvenzioni indicate nei N. 1,2,3,4 e 5 del pr sente articolo sono punite colla prigionia da sei
mesi ad un anno, e coll'ammenda da lire 20 a 50.
La contravvenzione indicata nel N.6 del precedente articolo è punita con la prigionia da un mese a
tre e coll'ammenda da lire 5 a 10.
7°) il comprare, o ricevere a titolo di permuta, o ricevere in pagamento, o in pegno armi, abiti,
cavalli, od altri oggetti militari di coloro che disertarono le bandiere degli Stati esteri;
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella multa di cento lire, quando per la qualità degli
effetti ricevuti in qualunque altro modo sia dimostrato che fosse loro nota la provenienza degli
effetti stessi.
8°) il dare alloggio, o ricovero in tempo di notte ad un forestiero senza darne denuncia alla
Reggenza entro le ore ventiquattro dal momento dell'ingresso del forestiero nell'albergo, o nella
casa, o capanna qualsiasi;
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella multa da lire 20 a 50.
9°) il ricettare un renitente alla leva od un disertore dalle milizie di un Governo estero;
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella pena della prigionia per un mese congiunta
coll'ammenda di lire 25.
10°) la falsa dichiarazione del nome, o del cognome, o di una qualità fatta da un forestiero alla
persona, da cui riceve alloggio, o ricovero, ovvero alla pubblica Autorità, nonchè il rifiuto di
dichiarare il proprio nome, cognome e qualità;
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella multa da lire 20 a 50, ed inoltre potrà il
giudice aggiungere la pena accessoria del bando.
11°) l'improbo ozio;
E' ozio improbo quello di colui, che essendo sano e robusto e non avendo mezzi sufficienti di
sussistenza, vive senza esercitare abitualmente una professione o un'arte o un mestiere;
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella prigionia da quindici giorni ad un mese.
12°) l'improba mendicità;
Improba è la mendicità quando si esercita per abitudine da colui, che essendo sano e robusto è
capace di lavorare.
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella stessa pena sancita per l'improbo ozio.
13°) L'insolente mendicità;
E' insolente la mendicità, quando si esercita da persona capace o incapace di lavorare, in
atteggiamento minaccioso, o in tuono di pretesa, o con insistente petulanza.
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella prigionia da uno a tre mesi.
14°) la negligenza nello educare i figliuoli, o i pupilli;
I colpevoli di questa contravvenzione incorrono nella multa da lire 20 a 50, salvo l'obbligo di
provvedere alla educazione senza indugio.
15°) lo abbandonare nella indigenza la moglie, od ifigli minorenni, sia per irregolatezza, sia per
inerzia;
Questa contravvenzione è punita colla prigionia da quindici giorni a tre mesi.
16°) la delazione di una chiave falsa, che tale sia nel senso già definito a suo luogo dalla legge;
Questa contravvenzione è punita colla prigionia da quindici giorni ad un mese.
17°) il giuoco di azzardo tanto in luogo pubblico quanto in privato;
Questa contravvenzione è punita in ciascuno de' giocatori colla multa da lire 5 a 50. Quegli poi, che
presta il luogo per un tal giuoco, oltre la detta multa, incorre anche nella pena di prigionia da cinque
giorni ad un mese.
550.- Sono contravvenzioni di secondo ordine punibili colla multa da lire 5 a 50;
1°) la omissione di specificare negli atti tutto ciò he un funzionario pubblico riceva, sia a titolo di
mercede delle proprie funzioni, sia a titolo di dirtto di tassa o di contribuzione a beneficio del
pubblico erario;
2°) lo esercitare senza legittima autorizzazione le funzioni di medico, o di chirurgo, o di flebotomo,
o di speziale, o di levatrice;
3°) il dare spedizione a ricette o ad ordinazioni di persone che non sieno ufficiali sanitari a ciò
autorizzati;
4°) il mostrarsi abitualmente in pubblico in tale stato di ubriachezza da offrire degradante spettacolo
di sè;
5°) l'uccidere animali grossi, o mezzani per vendere le carni senza averli precedentemente
sottoposti alla visita dell'Autorità edilizia ed avutane la licenza;
6°) il ritenere pesi, o misure diversi, da quelli stabiliti ed approvati dalla pubblica Autorità, nei
magazzeni, o nelle botteghe, o nelle officine, o nelle piazze, o nei mercati, o nelle fiere, o in
qualsivoglia altro luogo, in cui si esercita un ramo di commercio qualunque;
7°) lo esercitare senza licenza il mestiere di beccaio, o di oste, o di bettoliere, o di cantiniere, o di
caffettiere, o di venditore di liquori al minuto, e qualunque altro mestiere senza patente o
autorizzazione, come pure il tenere senza licenza bigliardo od altro giuoco ad uso pubblico, tutte le
volte che questa richieggasi espressamente dalle leggi o dai regolamenti vigenti;
8°) il tenere aperti, oltre le ore stabilite dai regolamenti, i caffè, le osterie, le bettole, le cantine, le
botteghe, in cui vendonsi liquori al minuto, o le case di bigliardo, o da giuoco qualunque, salvo
quanto è disposto antecedentemente da questo Codice circa l'apertura di tali luoghi ne' giorni festivi
e nelle ore dei divini offici;
9°) il cacciare contro le norme stabilite nel regolamento sulla caccia, ancorchè il contravventore
abbia la licenza di portare le armi;
10°) il tagliare la cima del monte, o il dizzoccare le ripe;
11°) il lanciare o lo smovere sassi dal monte, ovvero lo scagliare sassi, od altri gravi nelle strade
della Città o delli Comuni, o in altri luoghi di passaggio, od anche il versare nei luoghi medesimi
materie che possono nuocere o macchiare le persone;
12°) il devastare le mura della Città o de' Castelli;
13°) lo scalare le mura della Città di giorno o di notte;
14°) il mantenere senza proporzionati ritegni e convenienti cautele, sopra le finestre, o le loggie, o i
balconi, o i terrazzi, o lungo le facciate dei muri corrispondenti sulle strade della Città, o delli
Comuni o sopra altrui luoghi di passaggio, vasi di f or , o altri gravi, che possono nuocere colla loro
caduta;
15°) lo intraprendere uno scavo di pietre, o di terra, o di minerali senza legittima autorizzazione e
senza osservare tutte le cautele e condizioni imposte nell'autorizzazione medesima;
16°) il tralasciare di mettere il lume ed i necessari ripari durante la notte a materiali o ad altri simili
ingombri, che siano lasciati, o agli scavi che si fo sero fatti nelle strade pubbliche, o nelle pubbliche
piazze;
17°) il non tenere in modo da rendere inoffensive le bestie, che hanno il vizio di mordere, o di
cozzare, o di calciare;
18°) lo abbandonare senza custodia nelle strade pubbliche bestie da tiro, o da soma, o da
cavalcatura, ovvero lo scortarle, o condurle in modo da non poterle frenare a volontà;
19°) il non uccidere incontanente un cane, o una qualunque bestia idrofoba, di cui si è detentore, al
primo segno d'idrofobia;
20°) il non denunciare incontanente il fatto alla Reggenza, tutte le volte che un animale di cui si è
detentore, sia stato morso da una bestia idrofoba, salvo che non si freferisca di uccidere subito
l'animale, che è stato morso;
21°) il non fare immediatamente denuncia di una malatti contagiosa, che abbia colto uno o piu'
capi del bestiame, di cui si è detentore;
22°) il far fuoco o l'introdursi con un lume aperto o con qualunque altra materia ardente in un locale
contenente un ammasso di paglia, o di fieno o di altra materia accendibile;
23°) il far fuochi nei proprê campi in vicinanza delle case, pagliai, capanne, recinti, magazzini, o di
qualunque ammasso di materia accendibile;
24°) il trascurare la nettezza dei forni, o dei camini o di qualunque manufatto, in cui si faccia uso di
fuoco;
25°) il far fuoco di gioia, o simili nelle piazze o nelle strade della Città o delli Comuni senza
licenza;
26°) lo incendiare fuochi di artifizio senza legittima autorizzazione;
27°) il far esplodere una mina senza il legittimo permesso;
28°) la esplosione di un'arma da fuoco nell'interno della città, o delle comuni, sì di giorno, che di
notte, o la esplosione medesima fatta in tempo di notte lungo le strade pubbliche di campagna, o in
direzione alle medesime;
29°) la esplosione di mortaletti, o simili macchine, anche in occasione di pubbliche feste, fatta senza
legittima autorizzazione;
30°) lo innalzare globi aereostatici senza legittima autorizzazione;
31°) il sotterrare un cadavere umano prima che scorra il periodo di tempo, durante il quale le leggi
od i regolamenti interdicono il sotterramento;
32°) la piantagione di tabacco e la introduzione nel territorio della Repubblica di qualunque genere
di regìa;
33°) lo uccidere o lo scorticare bestie pubblicamente;
34°) lo insevire brutalmente e pubblicamente contro le proprie bestie;
35°) il far vagare un animale di sua natura, malefico o feroce, o inferocito;
36°) lo aizzare un cane, o altro animale pericoloso contro una persona;
37°) il non trattenere il proprio cane, od altro animale pericoloso, che insegua od assalga una
persona;
38°) il non obbedire all'ingiunzione del Governo di riparare, o di demolire un edificio od un muro
anche a secco, od altra manufatto che minaccia rovina;
39°) il violare il divieto, che la legge ingiunge ai f bbri-ferrai, di fabbricare grimaldelli, o chiavi
adulterine, o il divieto fatto ai medesimi, non che a rigattieri e ferrivecchi, di vendere i detti
strumenti ai figli di famiglia, alle persone di servizio ed a qualunque altro individuo incognito, o di
dubbia fama;
40°) lo aprire a richiesta altrui serrature di qualunque specie prima d'assicurarsi che il richiedente
abbia legittimo diritto a ciò fare;
41°) il tener capre senza speciale permesso dell'autorità;
42°) il tener maiali, o pecore entro la Città o li Comuni, senza legittimo permesso;
43°) il non recidere dai proprê alberi o siepi i rami sporgenti sulle pubbliche strade;
44°) il violare il dovere della manutenzione o ripaazione delle strade vicinali di campagna;
45°) il trasgredire il dovere di mantenere netti i fossi e gli altri scoli lungo le strade pubbliche di
campagna per tutta la estensione corrispondente ai proprê fondi;
46°) il depositare macerie, o sassi od altre simili aterie nelle strade, piazze, od altri luoghi di
pubblico passaggio sì interni che esterni all'abitato;
47°) lo staccare, o il lacerare, o l'imbrattare gli editti, o le notificazioni, o i decreti di qualunque
specie, che si affiggono per ordine sia del Consiglio Sovrano, sia della Reggenza, sia di qualunque
Autorità o magistrato. (12)
551.- Le pene stabilite nei precedenti articoli di questo titolo, si applicano, ancorchè nel
contravventore non si provi la diretta determinazione e l'animo di trasgredire la legge.


(1) V. Legge sulla Stampa 28 maggio 1881, Cap. IV.
(2) V. Legge sulla Stampa 28 maggio 1881, cap. II.
(3) V. Legge 13 gennaio 1897.
(4) V. Legge sulla stampa 28 maggio 1881, cap. II.
(5) V. Legge sulla stampa 28 maggio 1881, Cap. III.
(6) Aggiunto con decreto 1° marzo 1895.
(7) V. Legge 13 gennaio 1897.
(8) Legge 13 gennaio 1897.
(9) V. Legge sulla stampa 28 maggio 1881.
(10) Decreto 19-28 maggio 1881.
(11) V. Art. 174 Cod. proc. pen.
(12) V. Decreti sui cani e sulle carni 6 giugno e 14 novembre 1889.